COSMONAUTA di Susanna Nicchiarelli

E’ il percorso di formazione di un’adolescenza datata inizi anni ’60.

Guardare oggi quei giovani, quelle sezioni di partito,quei modi di vivere in famiglia e fuori, dà la misura della frattura tra un prima e un dopo assolutamente privi di continuità. Il film ci parla di questo, e lo fa giocando su semitoni, suggerisce senza aver l’aria di proporre chiavi di lettura precostituite,percorsi interpretativi, analisi di costume.

Eppure, da questo spaccato di vita così normale, dalla quotidianità piccolo borghese dei personaggi, emerge il tracciato lucido di un pezzo della storia del ‘900, capolinea  oltre il quale nulla è stato più come prima.

Per quelle  vite qualsiasi di giovani e meno giovani la Storia stava preparando tutte le sorprese dei decenni successivi, ma allora era possibile essere ancora così, credere nel mito dell’uomo nello spazio, riempire scatole di ritagli di giornale e modellini di cosmonauti e stendersi a pancia in su per guardare le stelle di notte, dal terrazzo del condominio, e sognare.


E’quello che fanno Luciana, ragazzina acqua e sapone e Arturo, il fratello epilettico, adolescenti senza molta fortuna, orfani di un padre comunista di cui si sentono eredi ideali, con una madre mite e debole risposata ad un uomo autoritario che vorrebbe, senza riuscirci troppo, ricoprire il ruolo vacante del padre.


Il conflitto generazionale è larvato, si spegne prima di crescere,bisognerà aspettare qualche anno perché esploda.

Le dinamiche perverse dello sviluppo, profeticamente denunciate da Pasolini, scavano già sotto la cenere e l’urlo del disagio giovanile monterà ben presto.

Per ora i giovani “impegnati” si ritrovano nelle sezioni giovanili del partito, con discorsi che fanno tenerezza tanto sono fuori fase (si parla del compagno Stalin e del compagno Kruscev, delle imprese spaziali e dei socialisti “traditori”, si organizzano tranquilli attacchinaggi di manifesti senza che appaiano militanti di Forza Nuova all’orizzonte e si fa un raid, sempre nella sezione socialista, dove non ci scappa nessun morto, al massimo qualche vetro rotto) insomma l’impressione è di un mondo se non sereno, certo non ancora uscito dai cardini e nevrotizzato.

I rituali dell’iniziazione all’amore, al sesso, alle relazioni interpersonali restano nel solco della giusta misura, la regia dosa emozioni e reazioni con partecipazione mai  corriva, segue attenta questa scoperta adolescenziale del mondo in anni in cui fu facile illudersi che fosse alle porte la nuova età dell’oro.

In un mondo diviso in due, dove dire “astronauta” era americano, “cosmonauta” sovietico, la cagnetta Laika e Yuri Gagarin aprivano un’era e davano esca a fantasie adolescenziali che non avevano bisogno di molto di più.


Precede il film un corto di animazione 3 D sul lancio nello spazio della cagnetta sovietica e del suo corteo di animaletti (una citazione del Kubrik che mette in orbita le note di Strauss era di rigore e infatti accompagna il delizioso balletto dei topolini). 

Pavel Parkhomenko dirige Gagarin: Primo nello spazio

Scorrono poi, a intervalli, filmati di repertorio, fino alla discesa di Armstrong sulla Luna, e il contrappunto fra le immagini sfocate in bianco e nero e il colore del film serve a tessere quel rapporto simbiotico tra reale e immaginario che sostanzia il linguaggio del cinema, facendo sì che diventi un modo retrospettivo rivelatore per capire come eravamo (e, di conseguenza, come siamo diventati).

Canzoni che allora risuonavano in tutti i juke box sono lo sfondo sonoro del film, la rivoluzione copernicana del rock era di là da venire,in Italia.

Cosmonauta

Italia, 2009 , durata 85’

regia Susanna Nicchiarelli

con Sergio Rubini, Claudia Pandolfi, Susanna Nicchierelli, Angelo Orlando, Miriana Raschillà, Pietro Del Giudice

 

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