Berlino, sinfonia di una grande città

Film muto sperimentale del regista tedesco Walther Ruttmann (1887-1941), documenta la routine quotidiana della città di Berlino alla fine del 1920.

Berlino era allora il centro culturale d’Europa.Città cosmopolita, di frontiera e di passaggio, Berlino nacque nel 1267 su una landa sabbiosa, divisa in quattro borghi dal fiume Sprea e non fu mai una città murata. Il primo muro fu quello del secolo scorso. Costruzione e decostruzione si susseguono incessanti a Berlino, città infinita che meglio può rappresentare il “presente” proprio per la sua inorganizzabilità, data da un eccesso di obiettivi, di mete, di organizzazione, proprio come avviene nella “contemporaneità”. Berlino è una città-viaggio, dove alle oggettività neoclassiche e ottocentesche, alle moderne soggettività del novecento si sostituiscono oggi le decostruzioni della contemporaneità, rendendo lo spazio berlinese un luogo di transito, un paesaggio di passaggio-passeggio tra il “materiale” del passato e l’ “immateriale” del futuro-presente.
Il cinema, spazio immateriale delle infinite possibilità, è territorio di elezione di una città in cui nulla è rimasto esperibile se non l’ idea di “sconfinatezza”.
La nuova “forma” tecnostrutturale nata dalla riunificazione fa pensare più ad un robocop, ad un intervento bionico in un corpo degradato e destinato a perdere per sempre il proprio senso (Postdammer Platz, parco di attrazioni architettoniche o i luoghi immateriali di potere sovranazionale, da Sony a Daimler-Benz ) L’ambientazione di un film in una grande città, ricorrenza tipica del cinema delle avanguardie, aveva offerto con il cinema tedesco, prima del disastro, numerosi esempi, da Die Strasse di Karl Grune con le scenografie di Ludwig Meidner (1923) fino alle due pietre miliari del 1926, Metropolis di Fritz Lang, che immagina la città del futuro e Berlin, die Symphonie einer Großstadt di Ruttmann, che descrive Berlino come modello di città moderna, dalla calma dell’alba all’attività e al divertimento febbrile della sera.

La musica di Meisel interpretò le sequenze del film come motivi e temi musicali: “Accordi in quarto di tono della città addormentata“, “Fuga del traffico“, “Segnali musicali delle insegne luminose“, “Crescendo di tutti i rumori della città in uno sviluppo contrappuntistico dei temi principali verso la fermata finale“. Entusiasmo positivista e influenze futuriste s’intrecciarono in un poderoso insieme visivo e sonoro.
Poi arrivò la Deutsche Filmakademie Babelsberg di Joseph Goebbels e nel ’47 a Rossellini non restò che filmare la Berlino spettrale di Germania anno zero. Dalle macerie del dopoguerra lo iato da colmare fino ad oggi è stato enorme e Berlino continua ad essere “laboratorio sperimentale della fine del mondo”, mutuando la celebre affermazione coniata da Kraus per la Vienna degli inizi del secolo. Arriviamo,allora, necessariamente, a Wenders, che inserisce Il cielo sopra Berlino in una corrente cinematografica “berlinese”, che vede in Berlino un simbolo di storia e di futuro per la Germania e per l’Europa: “Berlino, oggi, è il luogo in cui senti davvero di essere arrivati alla fine del Ventesimo secolo … è una città che rimanda continuamente al futuro, che ci spinge in avanti … Berlino è una città che reclama sempre un seguito … è l’ultimo atto. Il resto è preistoria. Se storia ci sarà, Berlino sarà l’inizio“.

Berlin, die Symphonie einer Großstadt
Germania, 1927, durata 78’ b/n
di Walter Ruttmann