Furyo -Merry Christmas Mr.Lawrence di Oshima Nagisa

Al piano l’autore Ryūichi Sakamoto, co-protagonista con David Bowie.

Alla regia Oshima Nagisa.

 

Co-produzione internazionale, Merry Christmas Mr. Lawrence ha avuto cinque anni di gestazione prima di essere realizzato nell’83, con la fulminea velocità di Oshima nel girare le scene una, al massimo due volte, con montaggio immediato e concentrazione estrema degli attori sul personaggio.

Racconta in un’intervista David Bowie, la superstar fulcro del film “E’ così veloce. Gli ho chiesto come poteva fare tutto così velocemente e mi ha detto:ho aspettato cinque anni per farlo, così l’ho filmato milioni di volte nella mia testa“.

Un incontro straordinario quello fra Bowie e Oshima.

Dice il regista:”Il primo attore che ho scelto per il cast è stato David, perché il suo è il ruolo chiave del film. Ho scelto lui perché avevo bisogno di una personalità eccezionale per il ruolo, che potesse affascinare, attrarre ed essere la dannazione del comandante del campo. Avevo bisogno di qualcuno bello, forte e puro. Ma penso che, in un certo senso, anche David abbia scelto me”.

Un cast d’eccezione e di particolare forza magnetica,con le due coppie opposte e complementari, la prima, formata dal maggiore Jack Celliers (David Bowie) dal fascino androgino e irriverente, dorato e flessuoso come un giunco, un “extraterrestre” dagli occhi di ghiaccio, e dal comandante Yonoi (Ryuichi Sakamoto, musicista, autore della splendida colonna sonora che Oshima gli chiese di scrivere “dal punto di vista del capitano Yonoi”) un samurai new age, eleganza felina nel kimono da combattimento e nella divisa imperiale, figura densa di ombre e trasalimenti, chiuso in una corazza di mistica adesione all’antica etica bushido, eppure così pronto a spezzarsi di fronte all’oggetto del desiderio, l’attrazione per Celliers, che nella scena del bacio di fronte al condannato a morte raggiunge vertici di tensione.

 

L’altra coppia di protagonisti, Tom Conti e Takeshi (così, nei titoli, un Kitano all’epoca non ancora regista) sono rispettivamente Mr.Lawrence, ex diplomatico che fa da interprete nel campo militare, colto, ironico, distaccato dalle cose quanto basta per guardarle con umana pietà e, se la frusta non colpisce anche lui, un sorriso gentile, e il sergente Hara, una miscela di violenza sadica, istintiva e irrituale, che si acqueta di colpo in forme di goliardica buffoneria o tenera sprovvedutezza (“che faccia buffa-commenta Celliers-ma ha begli occhi”).

A Giava, nel 1942, in un campo giapponese per prigionieri di guerra britannici, si consuma una tragedia in un prologo, atto unico ed epilogo.Un pezzo di recente storia mondiale, due culture a confronto, le loro contraddizioni e i loro tabù, un quadro di riferimento che ha nel “rimosso” di ogni giapponese del dopoguerra il suo terreno di coltura (come per ogni tedesco che faccia un film sul nazismo).

Un film sulle “rimozioni”, dunque.

Oshima compie un’operazione prodigiosa: sceglie quattro uomini (è un film di soli uomini) li posiziona come marionette di un gioco al massacro, sulla scena li fa muovere preda delle loro pulsioni. Alle sovrastrutture che trattengono le pulsioni affida i comportamenti conseguenti, scava nelle rimozioni e appaiono giardini fioriti e college inglesi high class, un fratellino più debole che non si è saputo/voluto difendere e una volontà di punirsi che diventa ricerca del gesto eroico che conduce alla morte. Jack Celliers/ Bowie sarà tutto questo nel film, e Yonoi/Sakamoto  quello che nel mito era la spalla, l’eroe che fa da piedistallo all’altro, Patroclo per Achille tanto per intendersi.

L’ambientazione militare dà all’insieme una cornice importante, suggestiva, certamente spiazzante perché questo non è un film sui disastri della guerra.

I prigionieri che sfilano per andare al lavoro o costretti all’adunata anche se malati, la camerata dove il caporale di turno fa l’appello, i battibecchi fra Yonoi e il capitano Hicksley, responsabile dei prigionieri, sono ben poca cosa nell’economia del film, in cui piuttosto la violenza si respira sotterranea, gelida, rimossa da plateali esibizioni.

Assistiamo ai due seppuku rituali (hara kiri si sente dire nel doppiaggio, ma questa è la parola usata solo per il taglio all’addome fatto secondo regole ben precise, non il rito nel suo insieme) con la stessa dose di adrenalina con cui vediamo Yonoi pregare i suoi dei. Cioè nulla.

Non è lì la violenza, sono solo espressioni di una visione del mondo che fa fatica a tramontare in un paese ancorato alle sue tradizioni come il Giappone.

Certo queste esplodono, ci dice Oshima, quando tutto è messo in discussione e i pilastri delle certezze crollano, un pazzo aduna le masse e tutti accorrono, quando restare aggrappati al passato serve solo a negare il presente: “Cercano di diventare superuomini, vivono nel passato… Erano una nazione di individui bramosi, sono diventati pazzi in massa” dice Mr. Lawrence.

Uomini convinti di essere nel giusto, dunque, questo sono, ma dall’una e dall’altra parte.

L’orrore non è la prigionia, il rito di espiazione, le bastonate, orrore sono le loro ferree certezze che pulsioni libidiche inaspettate possono, un bel giorno, mettere in discussione.

A quel punto si scatena la guerra.

Abbraccio l’idea della guerra a causa del mio senso di colpa nei confronti della mia famiglia, specificamente di mio fratello più piccolo, che è gobbo dalla nascita, cosa che si riflette negativamente su di me, e così lo rinnego. Rinnego la responsabilità di occuparmi di lui al punto che lui viene a trovarsi in terribili situazioni sociali, ma io sto lì, tra le quinte, a guardarlo subire terribili umiliazioni, senza neanche correre in sua difesa. Tutto questo comincia ad avere un effetto su di me negli anni, tanto da arrivare al punto che la mia vita diventa priva di significato a causa del modo disonorevole in cui ho trattato mio fratello. Così, quando arriva la guerra mi ci butto, cercando la salvezza, ma in realtà è che ora posso morire, posso morire onorevolmente, facendo qualcosa. Questo è ciò che produce la cosiddetta volontà di ferro che ho.

E’ proprio questo sentimento forzato che mi porta nelle situazioni più pericolose, per redimermi.  Così i giapponesi vedono in me questa nobile figura dalla volontà di ferro, ma io vedo me stesso come l’antitesi di questo – il che è, di nuovo, un malinteso da parte loro.”

Così, molto efficacemente, Bowie riassume il suo ruolo nel film, ed è la lettura più vicina al pensiero di Oshima.

Bellezza ed erotismo, pulsioni del desiderio e loro negazione in nome di rigide discipline, ridere come bambini storpiando “Auguri,Babbo Natale” e finire in cella, nell’epilogo, in attesa di essere giustiziato dopo la condanna emanata da un tribunale internazionale per crimini di guerra.

In questo risiede l’orrore.

Il rozzo sergente Hara/ Kitano ha imparato un po’ la lingua, tempo qualche ora e non gli servirà più.

Il fermo immagine finale è sul suo sorriso, mentre dice con accento giapponese:

Merry Christmas Mr. Lawrence”.

titolo originale:Senjo no Merii Kurisumasu

Giappone/Gran Bretagna/Nuova Zelanda, 1983, durata 124’

di Oshima Nagisa

con David Bowie, Sakamoto Ryuichi, Tom Conti, Kitano Takeshi

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