The Children Act – Il verdetto di Richard Eyre

That emotion is very much a mystery which is also represented in his music as everything seems to have a haze around it.

Fiona Maye (una magnifica Emma Thompson che aggiunge un altro fiore alla sua corona) è Giudice dell’Alta Corte britannica specializzata in diritto di famiglia.

Ruolo di grande prestigio, presiede cause in tribunale con toga nera e facciola bianca o rossa al collo, sfila con toga rossa e parruccona in testa a Westminster con il Gotha della Supreme Court of the United Kingdom, comunica le sentenze con gravità e umana condiscendenza, di lei si loda il «divino distacco e la diabolica perspicacia» ed ha un commesso servizievole che la segue come un cagnolino.

Fiona suona anche il piano divinamente, a completamento del ritratto.

Bella casa in un quartiere esclusivo di Londra, sommersa da carte e codici, china sulla tastiera del computer, risponde appena al marito Jack (Stanley Tucci, perfetta incarnazione del marito che tutte vorrebbero se solo esistesse) che cerca di mantenere in vita un contatto, seppur minimo, ad un ménage ormai stanco di 35 anni e senza figli.

Impermeabile al richiamo e proiettata nel lavoro a tempo pieno Fiona, con molto self control ma altrettanta determinazione, gli dice di andarsene quando lui, molto amabilmente, le comunica l’intenzione di farsi un’amante.

Cosa che peraltro ha già, visto che da 11 mesi (incredibile, teneva un diario!) non ha rapporti con la moglie. Chiarito a cosa servono le amanti torniamo da Fiona, una donna piena di contraddizioni, com’è giusto che sia una bella donna in carriera sull’orlo della terza età.

Scricchiolii nella sua maschera severa si notano fin d’ora, ma la frana avverrà a breve, col caso Adam Henry.

Chi è Adam Henry?

Il figlio unico diciassettenne di Testimoni di Geova malato di una forma aggressiva di leucemia che richiede trattamento immediato. Occorrono trasfusioni che, naturalmente, Geova vieta severamente.

Il romanzo da cui è tratto il film è di Ian McEwan, abilissimo, sostiene chi l’ha letto, nel “conversare in modo prodigioso con il bambino che è in noi”.

Adam è Fionn Whitehead che con gli altri due protagonisti crea un trio perfetto, ognuno al centro di un mondo che entra in collisione virtuosa con quello degli altri, vite che il caso ha fatto incontrare in quella ricerca di sé  che talvolta si traveste in ricerca dell’altro e s’immerge nella diversità fino allo smarrimento.

Fiona è la sacerdotessa del Diritto, “preservare il benessere del minore” è imposto dal Children Act 1989, “legge con cui il Parlamento inglese definisce le funzioni attribuite agli enti locali, ai tribunali, ai genitori e alle agenzie del Regno Unito, al fine di garantire e promuovere il benessere dei minori”.

Adam sarà momentaneamente salvo, ma vivrà la trasfusione come straniamento, e quel suo sentirsi diverso dal mondo in cui si era formato dalla nascita lo porterà verso Fiona, donna/giudice/madre, presenza ormai imprescindibile al punto di seguirla in un doloroso e romantico stalkeraggio a cui lei reagirà con disorientamento totale.

Si andrà così verso il finale, dolcissimo, certo da non svelare, mentre Bach scorre lungo tutto il film a creare pause d’ascolto e raccoglimento.

Temi grandi come la vita e la morte, libertà personale e religiosa, tutela da parte della legge dello Stato e rispetto delle leggi non scritte della natura, amore, forse, o quella specie d’amore che gira nell’Universo e spesso assume le forme più bizzarre e inattese.

Un film rarefatto e sospeso in un’attesa che è quella della scelta, momento in cui i nodi si sciolgono e la tensione, fino ad allora inappagata, diventerà vicinanza.

The Children Act – Il verdetto

 Gran Bretagna 2017, durata 105′

regia di Richard Eyre

con Emma Thompson, Stanley Tucci, Fionn Whitehead

 

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