VENEZIA 74 – Classici restaurati – VA’ E VEDI di Elem Klimov

Sceneggiato dallo stesso Elem Klimov, il regista, con Ales Adamovich, e interpretato con un’ intensità che lascia senza fiato da Aleksei Kravchenko, Olga Mironova e Liubomiras Lauciavicius, Va’ e vedi ha vinto il Gran Premio del Festival di Mosca del 1985.

Venezia74 lo ripropone doverosamente quest’anno fra i grandi Classici restaurati.

VA’ E VEDI

Un mantra che si ripete lungo tutto il film, non è un ordine, è quello che resta da dire quando tutto è stato detto e la parola non ha più senso.La traduzione letterale del titolo originale Idi i smotri è Vieni e vedi, ed è la citazione di un versetto dell’Apocalisse di Giovanni.

A partire dalle peripezie di Florya (Aleksej Kravchenko), un ingenuo ragazzotto di villaggio nella Bielorussia del 1943 finito per gioco fra gli orrori della guerra, Klimov racconta la ritirata dell’esercito tedesco sconfitto e la lunga scia di violenze lungo la sua strada. Parlare di realismo non basta, è l’Apocalisse in atto quella che si rovescia sulla scena, la fine di ogni possibilità per l’uomo di pensare ad una sopravvivenza priva di odio.

Ma bisogna vedere la scena finale prima di tutto il resto, e forse un barlume di speranza può ancora esserci. Florya sceglie di non colpire col suo fucile una foto.

E’ un soggetto celebre, Hitler bambino in braccio alla sua mamma.

Va’ e vedi, scene

Il dolente Lacrimosa dal Requiem di Mozart segue la marcia del drappello superstite della resistenza ucraina nel bosco di larici.Gli uomini sono ripresi di spalle, le divise sporche, lacere, coperte di terra rossa, i fucili in spalla. Il ragazzo Florya li raggiunge, ora è dei loro. La mdp passa veloce fra gli alberi, c’è neve sui rami e a macchie larghe ai lati del sentiero. Per un attimo si alza a guardare il cielo, ma è solo una inquadratura svogliata e sghemba. Poi lo schermo torna nero.

VA’ E VEDI

Cosa raccontare, come costruire scenari, inserire voci, personaggi, dare tempo, azione, ordine e successione se tutto è diventato inutile farsa prima, orrenda tragedia poi, se la terra rossa forma alte colonne nell’aria allo scoppio delle mine, gli alberi si spezzano in due, tre, infinite briciole, e l’aria è attraversata da proiettili impazziti lungo tracce luminose che sembrano video gamesE ammazzano anche una placida mucca al pascolo.

VA’ E VEDI

E come potevamo noi cantare


con il piede straniero sopra il cuore,


fra i morti abbandonati nelle piazze


sull’erba dura di ghiaccio,

al lamento 
d’agnello dei fanciulli,

all’urlo nero
 della madre che andava incontro al figlio

crocifisso sul palo del telegrafo?


Si pensa ad un gioco, all’inizio.Due ragazzini giocano scavando nelle buche lasciate dalla guerra.Trovano elmetti, divise, un fucile.Bisognava non dissotterrarlo,il fucile. Le cose da quel momento si mettono a girare male, molto male. Il gioco del fucile ritrovato diventa una realtà sempre più atroce, inguardabile, ma Klimov ce la fa vedere e sentire, tutta.

VA’ E VEDI

Il ragazzo e l’amico corrono contenti del bottino, lì vicino c’è il villaggio di casoni di legno di contadini poveri alla fine di una guerra (è il 1943 in Bielorussia, invasa dai Tedeschi ora in ritirata dal fronte russo). C’è una resistenza organizzata che si nasconde nei boschi.Il ragazzo, ora che ha il fucile, vuol partire per fare la guerra, è pronto con la sua buffa valigia di cartone. Vuol andare in guerra con la valigia e il vestito troppo grande del padre, sparito, morto, non c’è più da un pezzo.

Klimov ha una straordinaria capacità, quella di far convivere commedia e tragedia sul bordo estremo, su quella soglia critica al di qua e al di là della quale può esserci di tutto.

Può esserci il sole che filtra tra gli alberi stillanti acqua per la panica doccia campestre di Florya e Glasha (Olga Mironova), tenera ragazza ucraina incontrata nel campo partigiano, ma può esserci anche un corpo straziato dai cingoli del carro armato, brandelli informi nel fango che li inghiotte.

Sia quel che sia, Florya andrà e vedrà. Sarà lui l’occhio di Klimov, alla sua innocenza un po’ baggiana, dapprima, e poi rattrappita in orrore, paura, dolore, rabbia, vendetta il regista consegna il compito di vedere.

VA’ E VEDI

I partigiani passano a prenderlo senza tante sdolcinature e ringraziamenti per la povera madre che li accoglie gentile. La donna e il suo povero mondo fatto di casa, amore, bontà, bellezza guarda il figlio andar via. 

C’è un’altra donna nel film, oltre al coro indistinto delle ruvide contadine che vanno al massacro.E’ Glasha, bella, bionda, giovane, sorride come una bambina che vuole solo carezze, corre nella foresta con Florya, ride perché anche per lei tutto può essere un gioco.

Purtroppo bisognerà vedere anche lei, alla fine.

Viva, certo, è stata lasciata viva.

VA’ E VEDI

E i 628 villaggi distrutti dai tedeschi con i loro abitanti lungo la ritirata?

Cose che sappiamo, certo, sappiamo anche dei lager, dei sei milioni di ebrei e tanti altri ancora, sappiamo tutto, noi. Klimov ne ricostruisce uno, di villaggio, ci mette dentro il piccolo eroe della storia, e cala tutto in fondo in fondo, nel girone più profondo dell’Inferno.

VA’ E VEDI

E poi il bombardamento tra gli alberi, ne arriva il suono mentre le fronde degli abeti si muovono, poi vediamo le colonne di fumo, non è il vento, sono i mortai. Il crescendo di tensione è inarrestabile, il tempo si ferma e la fantasia dello spettatore galoppa. Torna in mente il Manifesto di Oberhausen del Nuovo Cinema Tedesco, 1962 :

Dal momento in cui ogni taglio di montaggio provoca la fantasia, una tempesta di fantasia, può generare addirittura una pausa nella narrazione. È esattamente in questo punto che le informazioni vengono convogliate. Questo è quello che Benjamin intendeva con la nozione di shock. Sarebbe sbagliato affermare che un film deve aspirare a scioccare gli spettatori, questo limiterebbe la loro indipendenza e le loro capacità di percepire. Il punto in questione è la sorpresa che scaturisce quando, attraverso meccanismi sotterranei del pensiero, improvvisamente si comprende qualcosa in profondità, e da questa prospettiva siindirizza di nuovo la fantasia al corso reale della narrazione”.

VA’ E VEDI

Siamo ormai al finale, una carrellata all’ intorno e uno zoom sul ragazzo, quindi riprese storiche nel loro bianco e nero sgranato, flash impazziti, immagini mandate col passo all’indietro, una foto di Hitler e Florya che spara, ad ogni passaggio di Hitler spara.

E una chiesa che brucia con tutte le persone dentro.

VA’ E VEDI

Dopo questo film e Agonija dello stesso anno, 1985, Klimov non ne ha più girati per sua scelta, riteneva di aver detto tutto.

E’ morto nel 2003.

Maurizio Cattelan, Him, 2001

VA’ E VEDI

Idi i smotri – URSS, 1985 durata 123’

regia di Elem Klimov

con Aleksej Kravchenko, Olga Mironova, Liubomiras Lauciavicius

 

 

_____________________

Le immagini presenti nell’articolo appartengono ai rispettivi proprietari e sono utilizzate al solo scopo di corredare il testo.

Potrebbero interessarti anche...