VENEZIA76 – CLASSICI – Lo sceicco bianco di Federico Fellini

a cura di Gabriele Civello

Sembra quasi un confetto di mandorla, una deliziosa bomboniera da girare tutta con calesse e fantasia la bianchissima Roma in cui il giovane Ivan Cavalli (Leopoldo Trieste) e la sua sposa Wanda (Brunella Bovo) decidono di trascorrere la luna di miele, lasciandosi alle spalle il loro sperduto paesino di Altovilla Marittima, ovviamente inesistente nella cartina geografica.

Wanda è ingenua, poco più che bambina – nel ’52 l’attrice padovana aveva appena ventidue anni – e sogna molto ad occhi aperti, dietro la sua veletta a maglie larghe.

Il marito, trentacinquenne, è pignolo e minuzioso, con gli occhi costantemente spiritati e la sua nervosa cadenza calabrese: non tollera nemmeno che la sposa salga da sola in ascensore col facchino, e organizza in modo maniacale gli impegni della giornata, con un’agenda a dir poco asfissiante; sembra quasi l’archetipo dal quale attingeranno, a piene mani, il Furio e il Raniero di Carlo Verdone!

Arrivati in hotel, basta qualche minuto e Wanda, facendo finta di fare un bagno caldo, è già scesa in strada fuggendo dal pesantissimo marito per rincorrere il suo sogno più recondito e puerile: incontrare finalmente l’attore romano Fernando Rivoli, protagonista del suo adorato fotoromanzo intitolato Lo sceicco bianco.

Arrivata alla sede della casa produttrice, nella mitica Via XXIV maggio, Wanda si imbatte per caso nella soggettista del fotoromanzo, la signora Marilena Alba Vellardi (Fanny Marchiò) e pende dalle sue labbra dichiarando il proprio amore viscerale verso lo sceicco; di lì a breve, con fare trionfale, scende da una ripida scala il cast del fotoromanzo, con la sua ostentata aura circense, che invita a nozze il genio visionario di Nino Rota.

Wanda è incredula e travolta dagli eventi: viene fatta salire sul carro sgangherato del cast e portata non si sa dove (sembra quasi la Gelsomina de La strada, portata via dal rude Zampanò!).

Il povero Ivan è disperato: non trova più la sua sposina, ma riesce a scovare un biglietto a lei diretto, datato 13 settembre 1951, in cui lo sceicco bianco le aveva dattiloscritto: “Cara Bambola Appassionata [proprio con la “p” barrata!], se verrai presto a Roma come tu dici, vieni a trovarmi. Passeremo insieme delle ore indimenticabili”.

Questo vuol dire che Wanda, sotto l’imbarazzante pseudonimo di “Bambola Appassionata”, aveva scritto al suo sceicco, annunciandogli l’imminente viaggio romano e premeditando già un incontro clandestino alle spalle del marito!

Ivan suda freddo, ha lo sguardo annebbiato, ma in hotel sta arrivando a frotte il suo parentado romano e lui deve pur sempre tenere banco, proteggendo l’onore di marito; distribuisce ritualmente i confetti nuziali, ma il suo pensiero è tutto altrove, alla sua Wanda che tarda a tornare in albergo.

Nel frattempo la moglie, che è stata avventurosamente “rapita” dal cast del fotoromanzo, si trova sperduta nel set in mezzo alle campagne romane costellate dai mitici pini marittimi e poi sul litorale.

È qui che, in modo altrettanto casuale, ma di quella casualità magica che procura farfalle allo stomaco, la ragazza ha un’improvvisa visione: il suo sceicco bianco, un Alberto Sordi raggiante, quasi ieratico, si libra leggero nel cielo, sul suo altissimo trapezio, al canto onirico di:

Mia piccola, ti porterò a New York, good bye!

Sembra quasi il protagonista di un film degli anni ’30 o ’40, col suo viso bianco e liscio.

La candida Wanda gli dona il suo ritratto, creato da lei con trasognato amore; lui risponde con fare manieroso e una dizione pomposa da gran viveur:

Che strano questo nostro incontro, una grande sensazione, irreale!”.

Quanto è irreale, in effetti, quanto è romantico e fascinoso lo sceicco bianco, in confronto al bigio e taccagno Ivan Cavalli!

La sua parola è già poesia, il suo incedere è danza.

In un caleidoscopico montaggio alternato il racconto segue le peripezie di Wanda alle prese con lo sceicco e quelle di Ivan che, ormai privo di speranze, si reca trafelato e scomposto alla centrale di Polizia per denunciare formalmente la scomparsa della moglie.

La surreale verbalizzazione della denuncia, trasformata da una pesante macchina da scrivere in una raggelante smitragliata di tasti, porta il povero Ivan da semplice denunziante a diventare quasi imputato, o comunque un matto in odore di internamento psichiatrico, tanto la sua denuncia suona ridicola e inverosimile agli occhi del commissario!

Questa mattina… una signora… dall’albergo “Tre Fiori”… verso le nove e mezzo… è andata in Via XXIV maggio… e non è ancora tornata”.

Non va meglio all’ingenua Wanda, che ben presto scoprirà che il suo sceicco è solo un normalissimo signor “Fernando Rivoli”, assolutamente succube di una moglie gelosa, corpulenta e arpìa che guida come un maschiaccio la lambretta, mentre lui, malamente sottratto al set, si fa trasportare come un pacco, seduto sul sellino posteriore.

La storia vira a questo punto al patetico spinto con il tentato suicidio nel Tevere di Wanda.Il messaggio lasciato al marito in hotel, dopo aver guadagnato rocambolescamente il ritorno in città, non lascia dubbi sulle sue intenzioni e, ahimè, sulle sue scelte letterarie:

Non aspettarmi più. Per un destino fatale ho macchiato l’onore del tuo nome, ma sono innocente! Ora sono nel fango ma uscirò dalla tua via per sempre. La vera vita è quella del sogno; ma a volte il sogno è un baratro fatale!”.

Ma, suicidio o non suicidio, il parentado capitolino aspetta e a San Pietro c’è l’udienza papale.Non più truccata e agghindata da odalisca ma vestita come sempre, veletta scura e paltò sartina di paese, Wanda andrà con Ivan all’incontro col sommo Pontefice e le spiegazioni verranno dopo.

Quali? Quelle che dovranno chiarire l’atroce dubbio del maritino abbandonato: “cornuto fui?”

Ivan non è così esplicito ma Wanda gli legge nel pensiero e allora:

Ivan, non ho fatto niente di male, sai? È stato il destino avverso, ma sono pura e innocente. Ivan, il mio sceicco bianco sei tu!”, dice così commossa che sembra crederci.

La trattazione felliniana di un tema all’apparenza così leggero non è priva di sfumature e di un’intrinseca problematicità. E’ il contrasto fra la grigia vita quotidiana, fatta di riti, convenzioni e protocolli, e le ali della fantasia, che corrono, corrono nell’aria vagheggiando mondi fatati e personaggi surreali, come quello dello sceicco bianco.

Ma se fosse tutto qui, se ci fermassimo alla logica binaria della “realtà” vs. “fantasia”, il mito narrato da Fellini risulterebbe banale e scontato, e non rispecchierebbe in alcun modo quel magma di contraddizioni e di problemi che è, in fin dei conti, la nostra vita terrena.

E allora subentra la seconda chiave di lettura, quella forse più autentica: Lo sceicco bianco è non solo un protrèttico alla fantasia e alla libera immaginazione dell’uomo, ma anche un chiaro monito, affinché una corsa forsennata verso mondi irreali non ci faccia perdere di vista la parte più vera e più buona del mondo: quello che sembrava un super-eroe di deserti immaginari ha ben presto esibito la sua faccia vera di uomo in carne e ossa, con tutti i suoi limiti e anche le sue meschinerie.

Il mito dello sceicco bianco è destinato ben presto a sgonfiarsi come un palloncino mal serrato. Quasi a dire: una vita senza fantasia è come un uomo senza gambe, una colomba senza ali che sopravvive a se stessa ma non prende il volo.

Ma, nello stesso tempo, la fantasia senza vita o al di fuori di questa vita è come una corsa dissennata verso l’abisso del nulla, abisso nel quale realtà e fantasia sono destinate entrambe ad affogare, risucchiate in un ignoto buco nero.

La vera vita è quella del sogno; ma a volte il sogno è un baratro fatale”.

Lo sceicco bianco

Italia1952 durata 86’

Regia: Federico Fellini

Sceneggiatura: Federico Fellini, Michelangelo Antonioni, Ennio Flaiano, Tullio Pinelli

Musica: Nino Rota

Con Alberto Sordi, Brunella Bovo, Leopoldo Trieste, Giulietta Masina, Lilia Landi, Ernesto Almirante, Fanny Marchiò, Gina Mascetti, Enzo Maggio, Giorgio Salvioni, Ettore Maria Margadonna, Rino Leandri, Carlo Mazzoni, Roberto Onorati, Giulio Moreschi, Anna Primula, Jole Silvani, Elettra Zago, Gino Anglani, Antonio Acqua, Lalla Ambraziejus, Piero Antonucci, Ugo Attanasio, Arnaldo Piacenti, Mimo Billi, Silvia De Vietri, Armando Libianchi, Guglielmo Leoncini

 

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