Home – Casa dolce casa? di Ursula Meier

Vivere in un micro-universo appagante, onirico, dove tutto si tiene perchè tutto è così assurdo, come nei sogni, come nella pazzia.

 

Una famigliola vive a ridosso di un moncone di autostrada non finita e abbandonata da anni.

La vita scorre normale, come in qualsiasi quartiere di città, solo che di là non passa nessuno e la libertà è totale, si corre in biciclettina sulla corsia contromano, si prende il sole nature nel giardinetto ai bordi del guard rail, si attraversa ogni mattino per andare al lavoro in città, dall’altra parte.

Dopo 95 minuti Wild in the Wind scorre sui titoli di coda, mentre resti fermo sulla poltrona e ripercorri le immagini all’indietro, e cerchi di capire cosa ti ha avvolto come in una ragnatela di questo film, “la negazione del road- movie” dice la Meier, eppure parla di autostrada, di automobili. 

C’è una casa dove tutto sembra correre leggero nel vento e finirà con porte e finestre murate.

E’ un ossimoro, questo film, dove gli estremi impensabilmente si toccano giustificandosi, anzi, integrandosi in uno straniamento totale. Dire che è una metafora è abbastanza ovvio,  banalizzante, finirebbe in un déja vu centinaia di volte. 

Lasciamolo da parte il sermoncino sulla (in)civiltà dei consumi, delle macchine che ci divorano, della spazzatura che ci affoga. 

Tutto ok, è così, lo sappiamo, il film vuol dirci altro, vuol dirci che si può sognare anche senza poter volare, vivere su un’autostrada non usata, dimenticata, non finita da dieci anni come se fosse il giardino delle meraviglie, in una casa fuori dal mondo come in un luna park, in una dimensione di leggerezza e di allegria che ti spiazza di continuo, perchè sì, sei tu, lo spettatore, ad essere chiuso in gabbia, non loro, padre, madre e tre figli, tutti così diversi e così complementari, così assurdamente “oltre” rispetto ai conflitti, ai martellamenti quotidiani della famiglia-tipo, dei “vai a farti fottere” di normale diseducazione quotidiana.

E’ vivere in un micro-universo appagante, onirico, dove tutto si tiene perchè tutto è così assurdo, come nei sogni, come nella pazzia.

Ma poi arriva la normalizzazione, e quel moncone di autostrada viene asfaltato, le macchine sfrecciano, l’ossido di carbonio e i decibel toccano livelli di guardia, quella normalità che sembra il bene più grande da desiderare, ebbene, arriva, perchè un’autostrada non è un posto per correre in bicicletta, tenerci piscinette di gomma o lettini per prendere il sole! 

La nave dei folli diventa la macchina dei normali, e i normali impazziscono, scappano (la figlia più grande), si menano tra loro (madre, padre e figli rimasti), si murano dentro fino quasi a soffocare per non sentire il rumore . 

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Resterà una possibilità, lasciare la casa maledetta e camminare fra le erbe incolte ai lati dell’autostrada, senza una meta, immergendosi in un giallo vangoghiano che è luce, sole, spighe di grano, forse vita. 

E la voce di Nina Simone

Home – Casa Dolce Casa (Home)

Svizzera – Francia – Belgio, 2008 durata: 97′
regia Ursula Meier
con Isabelle Huppert, Olivier Gourmet, Adélaïde Leroux, Madeleine Budd, Kacey Mottet Klein, Renaud Rivier, Kilian Torrent, Nicolas Del Sordo, Hugo Saint-James, Virgil Berset
 

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