Glory to the Filmmaker

Parla Kitano:“Ho voluto sfidare un certo tipo di cinema, come l’horror al quale non mi ero mai avvicinato prima, ma ho scoperto presto di non sapere che strada prendere, di non sapere come proseguire nell’universo del terrore. Nel mio film approfondisco però i vari generi, e probabilmente ci sono molti errori, ma li ho voluti tenere anche nel montaggio. L’idea che avevo in mente era di distruggere questo tempo e l’immagine, creando una sorta di caos che qualcuno ha definito “cubismo”, ma io non penso lo sia al 100%. Provengo dall’ambiente comico e ho fatto numerosi programmi televisivi in cui ridevo sempre di me stesso. Anche con Glory to the Filmmaker ho voluto fare dell’autoironia di un regista senza successo. Quando ho diretto Hana-Bi c’è stato un punto di svolta, ma forse dopo quel film le mie opere sono state un po’ troppo sopravvalutate. Con Zatoichi ho iniziato ad avere un po’ di successo, ma ho anche iniziato a chiedermi cosa avrei fatto dopo. Dolls ha creato un forte gap tra produzione e spettatore. DistruggendoTakeshi ho voluto azzerare tutte le mie carriere.”

Bene, e ora diciamo la nostra, dopotutto è a noi che si rivolge sempre il poeta, il filmmaker, l’artista che crea, e nel pubblico c’è sempre un po’ del suo doppio.

Di fronte a Glory to the Filmmaker si resta per un po’ senza parole: cos’è? ci si chiede, un seppuku rituale? una coraggiosa autoaffermazione (io sono io e non il pupazzo dei critici)? un gioco a cui si chiede al pubblico di partecipare senza farsi troppe domande? (afferma Masayuki Mori, il produttore: “In Giappone non abbiamo avuto il successo che speravamo perché il pubblico non è riuscito ad accettare la coesistenza tra la parte seria del film e la comicità. In realtà noi abbiamo cercato di dare agli spettatori un prodotto semplice, sul quale non ci fosse il bisogno di riflettere troppo, un film divertente e leggero. Certo, non si può obbligare qualcuno a ridere e non pensare a niente. Solo le giovani donne che non avevano mai visto un film di Kitano hanno apprezzato questo lavoro.”

Il particolare delle giovani donne che, sole, l’hanno apprezzato, risulta perfino più divertente del film stesso, soprattutto se ricordiamo quello che dice Kitano: “Nei miei film ci sono spesso delle cose che non riesco a fare bene. Le donne le tratto spesso come degli oggetti, ma chissà, magari un giorno farò un film tutto incentrato sulla figura femminile.”

Che Kitano ami stupire non è una novità, e qui ci riesce alla grande, partendo dalla cinepresa rotta nel suo cervello che i medici diagnosticano come un cancro.

Il disfacimento cerebrale lo porta ad una sorta di dissociazione schizofrenica, per cui ogni volta che si profila un pericolo si sostituisce con un manichino a cui toccano urti e botte.

Il filmmaker ha bisogno di rinnovarsi, e il plot è affidato alla voce fuori campo nella prima parte (poi si perderà nel caos anche quella). Bisogna trovare un soggetto, un genere gradito al pubblico. Si provano numerosi incipit, a colori e in b/n, in stile Ozu o comedy anni ’50, l’horror american style e il wuxia, la fantascienza e le storie d’amore.

Nessuna funziona, il pezzo finisce tra i rifiuti, si perde il filo e si comincia a divagare, l’importante è ripetersi continuamente “ma non è una cosa seria!”

Beat Takeshi prende in giro sè stesso e il cinema, si destruttura (uomo/pupazzo) e destruttura il cinema, si prende il gusto di recitare qualsiasi cosa e poi butta tutto all’aria in mille pezzi, mentre l’unica recinzione a tenere insieme le membra sparse è la musica di Shinichirô Ikebe.

Affascina questo farsi del male, lo riconosciamo perché di questa metastasi erano densi tutti i suoi film precedenti, la sua amarezza, quella faccia immobile attraversata dal tic che gli contrae impercettibilmente la guancia destra, e sembra fare l’occhiolino. Il suo doppio in Takeshis’ era un clown, ma era umano, troppo umano. Bisogna che diventi legno, plastica, che assorba i colpi, che non cominci a sparare come un matto facendo stragi.

Bisogna che lo spettacolo continui, show must go one! ragazzi, e allora Glory to the Filmmaker.

Glory to the Filmmaker

titolo originale: Kantoku Banzai! 

Giappone, 2007, durata 100’

di Takeshi Kitano

con Takeshi Kitano, Toru Emori, Kayoko Kishimoto, Anne Suzuki, Keiko Matsuzaka, Yoshino Kimura, Kazuko Yoshiyuki, Yuki Uchida, Akira Takarada, Yumiko Fujita

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