Il Grande Spirito di Sergio Rubini

 Non si fa la rivoluzione con un film. Ma un film può essere la leva per sollevare l’inerzia delle cose o delle persone” dice Ken Loach parlando del suo cinema di diseredati, e gli fa da controcanto la “deriva sognante” di Chagall: “Mi tuffo nelle mie riflessioni e volo al di sopra del mondo”.
M.Chagall, Il mondo sottosopra

Insomma, si vive come si può e l’arte fa il suo corso, anche sulle terrazze dei condomini di periferia di una Taranto illuminata sullo sfondo dalle colonne di fumo e fuoco dell’ILVA.

Il mondo sopra quando quello sotto non funziona, ma i terrazzi dove le antiche massaie stendevano la biancheria ad asciugare al sole sono solo un ricordo romantico, oggi sono il ricovero dei rifiuti umani, dei ladri in fuga, degli abusivi di varia provenienza e qualità.

Qualche anno fa Terrados, terrazzati, presentato al 30°Torino Film Festival e ben presto sparito dalle sale, fu realizzato dal catalano Demian Sabini con un budget minimo (12.00 euro) e tanta leggerezza narrativa. Era la Spagna degli indignados, cinque amici che volavano sopra al mondo per coltivare i propri sogni.

A Venezia70 fu il franco-algerino Merzak Allouache con Les terrasses a parlare di terrazze, algerine stavolta, ma nulla che ricordasse la città bianca di Pontecorvo:

La trasformazione di terrazzi in abitazioni è cresciuta in Algeria. 
Ho visitato più di 60 terrazze ad Algeri per girare questo film. Abbiamo incontrato a volte difficoltà ad ottenere i permessi. Non sapevamo molto bene chi gestisse queste terrazze. Essi non appartengono più ai residenti del palazzo, ma a coloro che vi si stabiliscono.”

E su chi deve stabilirsi a vivere sui terrazzi non serve molta fantasia per capirlo.

Sui terrazzi di Taranto non si vola, e se si guarda giù è perfino peggio. Allora non resta che impazzire, la via di fuga migliore se, come Tonino, si diventa un Sioux di nome Cervo Nero e si vive sotto la protezione del Grande Spirito.

Rubini e Papaleo sono una coppia che non si vedeva da tempo al cinema, così complementari da rinnovare i fasti di coppie celebri del passato.Il primo, anche regista del film, non ha bisogno di gran trucco di scena, è semplicemente sé stesso, così allampanato, prosciugato e malmesso. Il secondo, finalmente affrancato da ruoli di spalla o di comicità usa e getta, vive una parte in cui esplora, dal comico al tragico, tutta la gamma dell’attorialità doc.

I due s’incontrano sul terrazzo dove Renato, alias Cervo Nero, vive una vita borderline sfuggita alle grinfie dei servizi sociali e del parente che vuol rinchiuderlo in una struttura sanitaria per minorati (ben presto capiremo che al solerte cugino farebbe comodo restaurare il tugurio del sioux per realizzare un bel mansardato del suo appartamento all’ultimo piano del palazzo).

Rubini, Tonino, alias “barboncino”, come lo sbeffeggiano i compagni malavitosi, è in fuga dopo un colpo e approda sul terrazzo con un borsone di soldi e gioielli casualmente e fortunosamente trafugato ai compagni.

Quello che succede dopo occupa circa due ore (troppe, è l’unico limite del film) di andirivieni su e giù per scale, muretti, terrazzi confinanti, fughe e scontri a fuoco, un caleidoscopio di scene che della realtà non si scordano mai (e, se non bastasse, c’è sempre lo skyline di Taranto sullo sfondo a ricordarci dove siamo), ma aggiungono un tocco di candore surreale che costringe lo spettatore a chiedersi cosa avverrà e dove si potrà andare a parare.

E si andrà a parare dove era inevitabile, giusto e non prevedibile che accadesse.

Un finale che non si può definire lieto ma neppure triste, c’è dramma ma c’è anche gioia, nulla che sia melenso e scontato, ed è la parte migliore di un film privo di ormeggi che non siano la fantasia, il sogno, l’apparire inatteso di un vero Cervo Nero che sbircia i nostri eroi e sembra dire: “Mi manda il Grande Spirito per proteggervi”.

E di protezione Dio sa se c’è bisogno in un presente di degrado urbano, malavita diffusa, ecosistema distrutto, corsa all’oro senza freni.

Un approdo che sa di satira e di favola, morale ma non troppo, un universo alla Chagall ma con i piedi ben saldi sulla terra, che c’insegna che i Sioux non amavano quel metallo giallo per cui si ammazza tanto volentieri e, quando gli yankees arrivarono, lo raccolsero tutto e lo buttarono qua e là nei canyons.

Purtroppo, però, pare che non sia servito!

Il Grande Spirito

Italia 2019 durata 113′

Regia di Sergio Rubini

Con Sergio Rubini, Rocco Papaleo, Bianca Guaccero, Ivana Lotito, Geno Diana

 

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