Il mio amico Eric di Ken Loach

La working class andrà in Paradiso, questo è certo, se solo darà retta a questa ricetta di vita che Loach affida a Eric Cantona, star del calcio, numero 7 del Manchester United pre-Beckham e mito personale di Eric Bishop, un cinquantenne depresso, prossimo al suicidio, che gira per un po’ contromano in una rotonda finchè la macchina finalmente si schianta e lui esce per fortuna solo con qualche bernoccolo.

Fa il postino, ha due odiosi figliastri a carico che gli ha mollato una ex che non si vedrà mai, una casa che sembra un deposito di bric à brac, un rifugio in camera da letto dove, tra una sigaretta e l’altra, trova conforto nel poster a grandezza naturale del calciatore.

Potenza della fede calcistica, Cantona all’improvviso si materializza e da questo momento diventerà il suo coach personale per una risalita spettacolare verso il senso della vita.

Looking for Eric, cercando Eric, rende meglio del titolo italiano il plot, infatti è un cercare sè stesso che scorre con piacevole e intelligente leggerezza tra reale e surreale, fra le secche della banalità quotidiana in cui Eric è intrappolato e il magico virare di questa verso esiti imprevedibili, addirittura drammatici, a volte, come accade quando figli incoscienti si cacciano nei guai.

Cantona, deus ex machina quanto mai in forma atletica (anche in questo il mingherlino Eric dovrà seguirlo, con severi step di fitness e jogging), procede sicuro nel lavoro sul nostro eroe con i suoi magici aforismi, concentrati di spinte vitali all’insegna del “Non ci sono parole per dire non lo so fare“, pillole anabolizzanti per il super-Io decisamente disastrato di Eric.

Per difenderti dall’avversario devi innanzitutto sorprendere te stesso” è la regola aurea, quella che segnerà il goal della vittoria. 

In questo ci saranno gli amici di Eric a dare man forte, e sono anche loro grandiosi esemplari di una normalità eroica nel saper prendere la vita dal verso giusto: “ ridere è la medicina migliore” è il loro motto, e cercano di tirar su con barzellette ed esilaranti sedute di autoscienza self help il povero Eric, il quale, tra le altre cose, ha un grosso gap di tipo sentimentale: ama Lily, la mogliettina, ancora molto carina, abbandonata con la figlia solo trent’anni prima.

Insomma, situazioni del genere, prima di Ken Loach, solo Frank Capra avrebbe potuto dirimerle! L’angelo (v. La vita è meravigliosa, lì si chiamava Clarence ) c’è anche qui, è Cantona in persona, che appare e scompare, fuma le sigarette che gli passa Eric, tranquillamente seduto in poltrona o sul letto, gli dà le dritte giuste da bravo personal trainer, gli dice di tagliarsi intanto la barba, se vuol riconquistare Lily, e, alla fine, che la vita sia meravigliosa arriveranno a pensarlo anche i nostri eroi postmoderni, gli aici di Eric, protagonisti di una memorabile scena finale con maschere di Cantona sul viso e pistole lanciavernice, arrivati con i classici tre pullmann da tifoseria doc a dare una lezione al mafiosetto di quartiere.

Dosaggio perfetto di ingredienti, regia, interpretazione, sceneggiatura (un Laverty al meglio di sé accanto all’amico Ken), Il mio amico Eric è un film che riesce a riportare in primo piano concetti  superati come amicizia, solidarietà, coraggio di ricominciare, soprattutto da sé stessi.

Ken Loach non ha abbandonato il suo impegno sociale, ha solo cercato una formula vincente e, merito anche del campionissimo, stavolta ha fatto un gran bel goal.

Il mio amico Eric

titolo originale:Looking for Eric,

GB, Italia, Francia, Belgio, 2009, durata 116’

di Ken Loach

con Steve Evets, Eric Cantona, Stephanie Bishop, Gerard Kearns, Stefan Gumbs, Lucy-Jo Hudson, Cole Williams, Dylan Williams, Matthew McNulty, Laura Ainsworth

 

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