Notte e nebbia in Giappone

Ho cercato di fare in questo film una critica rivoluzionaria del movimento rivoluzionario, confrontando le lotte degli anni ’60 con quelle degli anni ‘50” (Nagisa Oshima).

Nel 1960, il governo di destra di Kishi, minoritario (il 12 %), preparò la ratifica del secondo trattato di sicurezza nippo-americano, allineando il paese a tutte le democrazie occidentali legate a filo doppio al ricatto imperialista americano, con totale spregio di quello che ancora il ricordo dei bombardamenti americani rappresentava per ogni giapponese. Da allora fu possibile anche il riarmo del Giappone e la sua collaborazione a tutte le guerre giuste, compresa quella in Iraq.

Nella strategia geopolitica americana in Asia, Giappone aveva un ruolo strategico fondamentale e bisognava garantire il ritorno all’ordine dopo i moti di piazza che erano culminati con l’assassinio del leader del partito socialista da parte di un fascista e quello di una studentessa nell’assedio alla Dieta.

Il film uscì nell’ottobre di quell’anno e fu ritirato quattro giorni dopo dalle sale, il materiale fu giudicato troppo scottante per quel momento di grande destabilizzazione, con un enorme fronte popolare in lotta (perfino l’ultra nazionalista Mishima prese posizione contro il trattato).

La protesta di Oshima fu forte ma inutile, per tre anni fu costretto a lavori di altro genere e infine fondò la sua casa di produzione.

Fino a quel momento Oshima era stato considerato l’enfant prodige della Shöchiku, in lui s’identificava tutta la gioventù politicizzata del momento e il duro dibattito in seno al movimento studentesco (lo Zengakuren) che racconta in questo film ha un valore documentario enorme, tutta la nuova sinistra che confluirà nelle lotte del ’68 troverà qui il suo manifesto teorico e l’anticipazione di quelle istanze di “soggettività attiva” che la contraddistinsero.

Nel film si alternano due piani temporali, con messinscena brechtiana e una regia che “ fruga intorno a sé come a cogliere dal vivo il movimento sfuggente delle persone che si spostano e si muovono consapevoli dell’esistenza dei loro oppositori” (Tadao Sato, Il rito, la rivolta. Il cinema di Nagisa Oshima).

Il presente è quello del dibattito duro e sferzante, sviluppato durante una cerimonia nuziale che finirà ben presto di essere tale, e che ha il senso della resa opportunistica degli ideali politici, accettazione di una realtà comoda e tranquillizzante, istituzionalizzata e conformista. Il passato è recente, ricostruito con flashback a cui rimandano gli interventi sempre più accesi dei presenti. Reiko e Nozawa, militanti dello Zengakuren, si sono conosciuti durante le manifestazioni studentesche contro il trattato e successivamente hanno deciso di sposarsi.

I discorsi celebrativi del professore seduto al posto d’onore e degli amici che intonano canti dei tempi universitari sono ben presto interrotti dall’arrivo di Ota, personaggio chiave nello scatenarsi di un vero e proprio psicodramma. La polemica sulle ragioni della sconfitta, sui gravi errori del Parditito Comunista giapponese nel dopoguerra e sulle pesanti conseguenze per l’ordine attuale del paese, il filosovietismo dogmatico dei quadri dirigenti, rigidi burocrati che avevano delegittimato il movimento studentesco per timore di perdere il controllo della situazione, tutto viene messo in discussione in un confronto acceso che, però, non risparmia affatto il movimentismo fanatico, lo spontaneismo inconcludente, l’improvvisazione e lo schematismo che caratterizzarono tanta parte dei movimenti giovanili, sacerdoti di una religione della rivoluzione che impedì la nascita di un progetto politico duraturo e veramente rivoluzionario, interprete delle istanze autentiche del popolo e rispettoso allo stesso tempo dell’individuo.

Da questo circolo chiuso di responsabilità rinfacciate, domande, ricordi, sospetti e rivelazioni riemergono i fantasmi del passato e si accentua sempre più forte la distanza dalla realtà, tutto brancola nella nebbia che avvolge il film e nella notte che grava sul giardino intorno alla casa.

Poche inquadrature e lunghi piani sequenza, un film teso allo spasimo in una requisitoria che non risparmia nessuno, nel Cimitero del sole restavano a terra le macerie dell’incendio, qui è perfino peggio, non resta niente.

titolo originale:Nihon no yoru to kiri

GIAPPONE 1960 durata 107’

di Nagisa Oshima, con Masahiko Tsugawa, Akiko Koyama, Miyuki Kuwano, Fumio Watanabe

 

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