Puccini e la fanciulla di Paolo Benvenuti

E’ la storia di Doria Manfredi, servetta di Giacomo Puccini, morta suicida per avvelenamento nel gennaio del 1909.Le indagini di Benvenuti, condotte per sei anni con gli allievi della Scuola di Cinema di Viareggio, l’hanno portato alla ricostruzione di una storia di intrigo, tradimento, calunnia e morte.

Un figlio mai riconosciuto dal Maestro, un destino di abbandono, quello di Antonio Manfredi, anche da parte della madre Giulia, amata da Puccini durante la composizione de La fanciulla del West: Una ragazzona di un metro e ottanta, che teneva testa agli uomini, che andava a caccia e sparava come loro”.

Dunque La fanciulla del West, la donna di quel momento musicale.

Purtroppo, per una serie di equivoci e intrighi di famiglia, la povera servetta Doria diventa il capro espiatorio, in quanto sospettata da donna Elvira, moglie del Maestro, della tresca. Emarginata dalla famiglia e dalla piccola comunità, rifiutata come peccatrice pubblica dalla chiesa, non avrà altra scelta che la morte. Questo è il pre-testo del film, girato sui luoghi del musicista, con attori presi dalla strada, il più possibile simili alle figure dei quadri dei Macchiaioli che offrono evidenti suggestioni di atmosfere, colori e ambientazioni.

Il film è senza dialoghi, predomina la ripresa con la macchina fissa, ricorrono citazioni dal cinema espressionista (un Murnau un po’ tirato alle lunghe è nell’ombra del postino che sale dal Maestro col telegramma che annuncia la morte di Doria), una voce fuori campo legge le lettere che creano il filo conduttore dei fatti, peraltro affidati, per la comprensione, solo alla gestualità degli attori.

Il sonoro è dato dall’insieme dei suoni della natura intorno al lago in presa diretta, brani della riduzione per piano della Fanciulla del West, canti popolari e rumori della vita quotidiana. Non manca, nel finale, un doveroso tributo allo Schubert di Der Tod und Das Madchen su cui il titolo del film gioca di richiamo.

Per il resto, la scelta di regia è stata di restituire all’immagine e al suo fluire cinematografico una netta predominanza, conservando al documento l’autenticità che una sceneggiatura dialogata avrebbe inevitabilmente alterato.Il prodotto però, al di là delle ottime intenzioni, risulta troppo calligrafico, parecchio compiaciuto di sè, incapace di sembrare più di quel che è, un bell’esercizio di bravura.

I significati sociali e le implicazioni psicologiche, i rimandi al costume, all’ambiente e al quadro storico restano embrionali, quello che alla fine emerge è la sensazione di un gran lavorìo su un grosso gossip d’antan.L’impianto citazionista (come le scenografie alla Giovanni Fattori costruite molto attentamente) è fin troppo scoperto per risultare convincente e comunque non riesce a costruire gran significato, non crea empatia, anzi alla lunga risulta piuttosto pesante. L’assenza di dialogo, soprattutto, determina situazioni di autentico disagio in chi non si sia documentato prima sull’intreccio della vicenda e la gestualità non riesce a sopperire alla mancanza.

Non siamo ai capolavori del muto, e dispiace dirlo di un regista cui si riconoscono indubbi meriti in altre buone prove (ConfortorioGostanza da Libbiano). Nella colonna sonora c’è un’interessante commistione fra suoni della natura e note di Puccini con un tocco di Schubert, in una registrazione olistica fatta da un ottimo musical designer.La cosa migliore del film.

Puccini e la fanciulla

Italia, 2008, durata 84’

regia di Paolo Benvenuti

con Riccardo Moretti, Tania Squillarlo, Debora Mattiello, Giovanna Daddi, Federica Chezzi

 

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