Urlo di Rob Epstein

Howl fu per Ginsberg una traduzione in versi delle lunghe frasi di sassofono ascoltate nei club di jazz, “una enorme, triste commedia di fraseggi selvaggi, di immagini senza significato per la bellezza di poesia astratta ininterrotta che creavano combinazioni maldestre come il procedere di Charlie Chaplin, lunghi versi come ritornelli al sassofono di cui sapevo che Kerouac avrebbe sentito il suono”.
Epstein e Friedman mettono in scena l’autore, i suoi tempi, frammenti di storia familiare e di educazione sentimentale, il processo per oscenità a Ferlinghetti, suo editore, nel ’57, e visionarie animazioni affidate a Eric Drooke, per tradurre in immagini il flusso incandescente di parole del poema.
Il risultato può sembrare a tratti non perfettamente riuscito, la parte migliore resta il biopic, un bianco e nero vintage che nasce da un frammento di Pull my Daisy di Frank e ne ripercorre modi e ritmo.
Il celebre reading di Ginsberg alla Six Gallery di San Francisco nell’estate del ’55 è affidato ad un James Franco molto convincente, forse più che nell’intervista che scorre parallela al processo, anche questo un po’ troppo “costruito” e convenzionale, benchè ottima risulti la caratterizzazione dei personaggi.
Le animazioni tendono qua e là ad enfatizzare un testo che si nega assolutamente a questo, esplodendo già di luce propria, richiami a Fantasia di Disney sono evidenti in Moloch e di certo risultano un doveroso omaggio, nell’insieme, comunque, i tre livelli narrativi e rappresentativi si muovono in sintonia e se ne esce con una sensazione di appagamento, basta non pretendere di voler spiegare la poesia con la prosa, come giustamente fa notare uno dei critici a favore che sfilano al processo.
Merito del film è sollevare ancora una volta un problema, la diversità sessuale, raccontare a chi non lo sa (e sono tanti) cosa è stata l’America maccartista (e in parte è ancora, visto che radio e tv non trasmettono mai Howl per paura di denunce), ma, e soprattutto, ricordare uno dei più grandi poeti del ‘900 e il suo poema, Howl, l’urlo lacerante del lupo metropolitano, dedicato a “Jack Kerouac, nuovo Buddha della prosa americana, a William Seward Burroughs, autore di un romanzo sconfinato che farà perdere la testa a tutti, a Neal Cassady, autore di un’autobiografia che illuminò Buddha. Tutti questi libri sono pubblicati nel Cielo”.
L’emozione di quei versi c’è tutta, nel reading che in crescendo elenca quei who… who.. who….e poi Moloch…Moloch…fino a quell’incontenibile Carl Solomon I’m with you in Rockland, were you’re madder than I am…..
….sono con te a Rockland, nei miei sogni arrivi in lacrime, gocciolante, dalla crociera della traversata in autostrada dell’America alla porta del mio cottage nella notte dell’Ovest”.

Urlo

titolo originale: Howl 

USA, 2010, durata 90’

regia di Rob Epstein, Jeffrey Friedman

con James Franco, Mary-Louise Parker, Jon Hamm, David Strathairn, Alessandro Nivola, Aaron Tveit, Treat Williams, Bob Balaban, Todd Rotondi

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