Il giorno prima di Giuliano Montaldo

Un film da non vedere di questi tempi, nonostante il soggetto sia di Piero Angela. Però può succedere, e allora chiariamo perché non è opportuno vederlo.

Non si tratta di qualità cinematografiche, non eccelse. Sembra tirato via per molti aspetti, eppure è firmato da nome prestigioso, interpretato da quello che si dice un cast stellare, termine odiosissimo ma famo a capirse, dicono a Roma.

E allora, cos’è che spinge il malcapitato spettatore (specie se notturno) a tirare fino alla fine?

Il bunker antiatomico, parola che sembra sparita dal vocabolario, con tutto il seguito di rimembranze che si porta dietro.

Nell’’87 era un tema chiave, The Wall era ancora lì per 161 km intorno a Berlino, Gorbačëv meditava sfracelli, Honecker si ostinava a organizzare sfilate commemorative.

E poi tutto cambiò.

Ma non la paura della bomba, quella atomica, certo, di altre s’era fatta esperienza a lungo, non spaventavano più e quella nucleare l’avevano testata solo i giap, troppo lontani, come il loro cinema, e chi lo conosce?

Addirittura anche il grigio impiegato di De Andrè aveva deciso di fare il bombarolo, ricordate?

E l’esplosivo spacca, taglia, fruga

tra gli ospiti di un ballo mascherato,

io mi sono invitato a rilevar l’impronta

dietro ogni maschera che salta

e a non aver pietà per la mia prima volta.

Ma allora cosa succedeva nell’ ’87 perché Giuliano Montaldo , regista serio, impegnato, ottimi film, si facesse carico di questa storia fantascientifica, ingaggiasse splendidi attori e tirasse fuori un film catastrofico ma a lieto fine, vista la produzione USA che non avrebbe lasciato fare altro?

Non c’era nessuna pandemia in giro, nè se ne prevedeva, ecco cosa succedeva. Succedeva che l’immaginazione dell’uomo è spesso difettosa, o ama prendersi gioco di sé.

Di cosa parla il film?

E’ presto detto : quindici persone di varie nazionalità accettano di sottoporsi ad un esperimento: vivere per venti giorni in un bunker antiatomico. Saranno ben pagate, 10.000 dollari, che all’epoca era ancora una bella sommetta, ma non su tutti è la molla scatenante.

C’è il giornalista che farà un bel reportage (Ben Gazzara), la modella che spera in pubblicità (Zeudi Araya) la zitella mistica che vuol dare un senso alle sue preghiere (Ingrid Thulin) e altri con motivazioni più o meno convincenti. C’è pure una madre che s’è portata dietro il figlio di nove/dieci anni, e il dubbio resta fino alla fine se incosciente o criminale. In realtà intesserà una storia col giornalista, così siamo tutti contenti.

Chi guida l’operazione dall’esterno è Burt Lancaster, ingrigito in una parte che doveva essere quella del visionario costruttore di mondi e invece si scopre perdente e prossimo alla galera per insipienza, avendo portato l’esperimento sull’orlo del disastro. Un personaggio che poteva avere una bella evidenza plastica e invece si riduce a dire l’unica frase celebre del film: “All’atomica non c’è scampo, neppure in un rifugio antiatomico”, che è da segnare sul libro della sapienza cosmica.

Sorvolando poi su qualche sbavatura sentimental/erotica e sulla bellezza fulminante di quasi tutte le attrici (ho detto quasi) che ci si chiede perché siano finite lì dentro, concludiamo con qualche cenno sulla trama per poi tornare alla domanda iniziale: perché non vedere questo film?

I quindici pesci in acquario se la passano benino per due settimane, celebrano perfino un compleanno, fanno musica a cappella per ballare perché musica non ce n’è (ma poi spunta la teen ager con la sua radiolina e allora altro che valzer di Strauss!).

Insomma tutto sembra funzionare, perfino di notte nella camerata comune, pare una scena da Il grande fratello, quando all’improvviso succede la cosa.

Un sottomarino a doppia testata nucleare è in arrivo per un errore umano dell’Unione Sovietica (naturalmente, visto che il bunker è negli USA ).

Il televisore interno dà la bella notizia (alla fine capiremo che fa parte dell’esperimento), reazioni varie fino alla crisi interna, si vota se far entrare o lasciare a morire quelli che bussano al portone (che non si capisce come mai sia lì a portata di mano, manca solo il numero civico).

Prima vincono i contrari poi i favorevoli, allora i contrari prendono i fucili, quasi ci esce la carneficina prima ancora che scoppi la bomba, ma per fortuna arriva il lieto fine.

Lieto? Chiamiamolo così.

Dunque, per tornare alla domanda iniziale: perchè non vedere questo film.

Perché è vecchio, superato, parla di bombe che non sono mai esplose sulla nostra testa, ci ricorda una paura che, a pensarla oggi, fa quasi tenerezza, ci si facevano anche canzoni, chi cantava La bomba? Dorelli? Boh, chissà.

Il bunker, un ricordo romantico, ci fu anche il film su quelli che ci rimasero dentro trent’anni e quando uscirono ci fu da ridere.

E oggi che il bunker è mondiale?

Oggi che si fa? Si resta dentro? Si parte per Marte? Nessuno busserà alla porta, siamo tutti dentro. Arriveranno i nostri?

Certo, schiere di virologi in disaccordo tra loro, come nel film gli organizzatori dell’esperimento.

E saremo salvi.

Meglio, però, non vedere questo film, specie in una notte insonne colma di neri pensieri nell’anno di grazia 2021.

Il giorno prima

Italia/Francia/Canada/USA 1987

Regia: Giuliano Montaldo

con  Burt Lancaster, Ingrid Thulin, Ben Gazzara, Erland Josephson, Kate Nelligan

 

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