Io Capitano di Matteo Garrone

Seidoux, senegalese, sedici anni, un ragazzo come i nostri, solo di altro colore e altro senso morale, quello che la madre e la sua gente gli hanno trasmesso da generazioni, quello che si assorbe dal latte materno, dalle semplici tradizioni del suo popolo, da un’infanzia di giochi e sogni nel cassetto.

Un sogno lo vuol realizzare con il cugino Moussa, musica, rap, successo, fare l’autografo ai bianchi.

Che c’è di male? Tutto, fuori dal suo mondo c’è il male, la violenza più inimmaginabile, un posto di vecchi incattiviti e spietati, dove arrivare è un cammino tragico e restare, chissà, uno su mille ce la fa, gli altri chiedono l’elemosina alle porte dei supermercati o vendono rose ai tavoli dei bar.

Ma Seidoux non lo sa, ha la forza e lo sguardo pulito dei giovani (quelli di una volta) e un’impresa la compie, guidare senza averlo mai fatto, il barcone fino alla terra promessa.

Il profilo nebbioso dei monti lontani, “Terra terra”, gridò Colombo, “Io Capitano”, grida lui, e in mezzo ci sono secoli di storia buoni a dimostrare che la Terra non è tonda, che se parti da un capo e arrivi all’altro credi di fare un gran girotondo e abbracciare il mondo intero, e poi ti accorgi che ci sono confini invalicabili, deserti dove ti lasciano morire di sete, stanze di tortura sempre più fantasiose.

Seidoux dribbla predoni del deserto, mafiosi libici, untuosi padroni schiavisti, fame, sete e torture, melliflue risposte da Malta e Italia su acque internazionali e difficoltà di portare aiuto perché bla…bla…bla…, poi i governi si arrabbiano, Seidoux è un giovane Don Chisciotte e i mulini li fa fuori uno a uno, è l’eterno Odisseo che sconfigge Poseidon e i suoi agguati, è l’uomo del futuro, se mai questo pianeta meriterà un futuro.

Garrone ci racconta una bella fiaba, dolorosa e purissima, dietro c’è la realtà, come in tutte le fiabe, e come nelle fiabe non c’è un finale, tutto può essere o non essere, quel che importa è sognare e Seidoux sa farlo, sa che la povera donna del deserto che somiglia a sua madre comincerà a volare, sa che un giorno tornerà a casa a chiedere perdono alla donna per essere partito di nascosto, sa che quell’elicottero che vola sulle loro teste li salverà, sa che può gridare con tutta l’aria dei suoi polmoni “Io Capitano!”.

Le pianure verdi del Senegal, i balli colorati nei villaggi, le dune del deserto, il mare sotto le stelle, in un mondo così Seidoux merita di vivere, e Garrone stende con la sua magnifica fotografia e la sua forza affabulatrice un gran tappeto rosso ai suoi piedi.

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Io capitano

Italia, Belgio durata 121′

Regia di Matteo Garrone

Con Moustapha Fall, Seydou Sarr

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