Non ci sono più i Cromwell di una volta, signora mia …

Ancora qualche parola, oggi che tutto è compiuto e Buckingam, Balmoral, Windsor e tutte le strade del Regno si sono svuotate e acquetate, i “grandi” del mondo tornati all’ovile, i fiori marciti con nauseabondo olezzo.

Spunta un fantasma, Oliver Cromwell

 Maschera mortuaria di Oliver Cromwell, conservata al castello di Warwick

a cura di Sara Di Giuseppe

 …Non sappiamo se il fantasma del duro e intransigente, politicamente spietato Oliver Cromwell abbia abitato in questi secoli i manieri della regal britannica stirpe, ma se l’ha fatto, sarà ormai stufo d’aspettare l’auspicato ritorno della repubblica e sdegnosamente è uscito dalla comune…

Carlo III

Non senza aver forse provato un sussulto di umana pena per quel goffo attempato Carlo III, sguardo non proprio saettante, incurvato da decori, stemmi e medaglie, così pateticamente simile all’ondivago Carlo I, spedito al patibolo nel 1649 per far posto alla breve effimera repubblica.

Carlo I

Avrà preso atto, pur nella sua consistenza fantasmatica, che non solo di patiboli per re e regine lì non ce n’è più, per fortuna, ma che ad abbattere la monarchia i british non ci pensano proprio e che quella, la monarchia, è anzi più pomposa, più ricca e più assurda che pria.

E che dunque gli tocca arrendersi al trionfo della Follia planata sulle esequie della monarca, all’isteria globale dei media, al carnevale da operetta di uniformi militari, ai fantastilioni di sterline spesi in barba alla metà del mondo che muore di fame e all’altra metà che muore di guerra; all’esibizione muscolare, ai simboli del potere, alla sfilata di capi di stato –  “i grandi del mondo” li chiama la grande stampa con l’abituale sprezzo del ridicolo – in larga parte impresentabili…

Non ci sono più neanche gli Alexandre Dumas di un volta, signora mia: capaci di letterariamente nobilitare intrighi di corte e beghe di cortile e, con geniale fantasia, d’innalzare a dignità d’immortale romanzone gli amorazzi veri o presunti del primo Duca di Buckingham con la regina Anna in quel di Francia.

Perché le res gestae dei reali contemporanei d’oltre Manica sono un filino più squallide e tediose, in più di un caso moralmente nauseanti, e non le vorrebbe neanche Barbara d’Urso in deficit di ascolti.

Difficile capire perché il delirio monarchico abbia soggiogato perfino il sistema dell’informazione di un paese, il nostro, che di regale parassitismo ne ha avuto fin troppo e seppur tardivamente se n’è liberato.

L’incontinenza di immagini e commenti a tema unico su ogni medium, 24 ore al dì, ci parla di un’informazione malata di servilismo e di retorica, con giornaloni in gara nel solleticare voyeurismi da gossip, con paginate di epocali scemenze, con intellettuali da divano e dotte penne imbarcati dalle tivù a pensosamente commentare il nulla.

Quanto ad una regressione collettiva di tale portata, come quella andata in scena a reti e mondi unificati, con tanto di infantil-adolescenziale fascinazione per re e regine, principesse e cavalieri, soldatini e pennacchi, carrozze e parate, la si spiegherà – forse – solo compulsando lungamente severi tomi di psicanalisi.

O più semplicemente ascoltando ciò che l’erasmiana FOLLIA, nella sua irridente saggezza, ha da dirci sulla natura umana:

Se un principe paragonasse questi ornamenti simbolici col suo genere di vita, credo che finirebbe per provare solo vergogna della sua pompa, e col temere che qualche critico salace non si prendesse gioco di lui volgendo in beffa questo apparato scenico

(Erasmo da Rotterdam, Elogio della Follia, 1508)

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