Il signore delle formiche di Gianni Amelio

Il “caso” Braibanti torna alla memoria collettiva sulla scia del film di Gianni Amelio presente in concorso a Venezia e non premiato con nessuno dei tanti premi della Mostra.

Peccato, tutto in quel film andava premiato, dagli attori, un trio all’interno del quale si fa fatica a decidere chi sia più bravo, alla sceneggiatura, fotografia, musica e regia.

E non parliamo del valore politico.

D’accordo, il tema non sarà in cima alla lista dei problemi del nostro Paese, qualcuno pensa che sia anche datato, il reato di plagio è stato cancellato da un pezzo dalla Corte Costituzionale e sull’omosessualità non credo che ancora qualcuno abbia problemi, quanto meno le riserve  che cova ha imparato a tenerle per sé.

Eppure Il signore delle formiche è di quei film che lasciano il segno.

Amelio ha opportunamente evitato di calcare sul pedale del risvolto sessantottino, dell’enorme risveglio delle coscienze che seguì al processo e del gran numero di persone (non solo intellettuali) che manifestarono solidarietà.

La posizione del partito comunista, tiepida, ai limiti dell’indifferenza o peggio, la macchina mediatica come sempre pronta ad inzuppare nella morbosità delle masse, l’accanimento della magistratura, ancora viziata da un recente passato di connivenza con un potere retrivo, bacchettone, sordido.

Tutto questo è detto, fatto vedere, ma tra le righe, ed è il pregio migliore del film.

Il dramma di Braibanti è quello privato di un uomo ricco di talenti nato in un posto sbagliato in un tempo sbagliato.

Braibanti non ha mai scelto di essere un uomo pubblico, la sua vita, fino alla fine, anche dopo il processo e la condanna che facilmente avrebbero potuto farne un martire (e i tempi erano quelli giusti, Pasolini lo è stato, ma Pasolini era un uomo pubblico), la sua vita, dicevamo, è stata quella di un uomo schivo, silenzioso, come le sue formiche, uno che nel 2001, in un colloquio a Radio Radicale che consiglio di ascoltare, parlava con grande pacatezza della sua storia, dichiarava la sua stima e amicizia per Marco Pannella di cui nel film non si fa cenno, preferendo, chissà perché, la Bonino dei nostri giorni (ah, sì, dimenticavo, andremo a votare fra un po’).

https://www.certidiritti.org/addio-ad-aldo-braibanti-il-ricordo/

Un uomo di grande ingegno lasciato a marcire nell’indigenza, il sussidio della legge Bacchelli ancora non corrisposto a quella data (concesso solo nel 2006) gli amici che l’hanno aiutato, almeno quelli, ma trovare una casa dopo lo sfratto per portarci i suoi settemila libri e tutte le casette delle sue amate formiche non era facile.

Braibanti è morto tredici anni dopo quella conversazione, nel 2014, quasi dimenticato.

Luigi Lo Cascio, il suo interprete, ha detto: “Mi sono fatto schifo per non sapere chi è stato Braibanti, nonostante venga dal teatro e abbia studiato: preparare questo personaggio è stato un tuffo in un’epoca diversa, ma che oggi sappiamo leggere bene”.

Bene, forse, nutriamo forti dubbi.

Ci auguriamo solo che il Paese non debba continuare a vergognarsi anche per la sua morte.

Non si è parlato del film se non per sommi capi. Chi può lo veda, farà bene.

Braibanti a destra

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Il signore delle formiche

Italia 2022 durata 134′

Regia di Gianni Amelio

Con Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Sara Serraiocco, Leonardo Maltese, Anna Maria Antonacci

 

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