Sulla mia pelle di Alessio Cremonini

La Cassazione, dopo cinque ore di camera di consiglio, ha condannato a 12 anni (uno in meno rispetto alla sentenza di appello) i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati per il pestaggio e la morte di Cucchi. Invece dovrebbe esserci un nuovo processo di appello per i due carabinieri accusati di falso, Roberto Mandolini, ch’era stato condannato a 4 anni, e per Francesco Tedesco, condannato a 2 anni e mezzo: dovrebbe però è d’obbligo, perché già a maggio scatterà la prescrizione.

Il film, quattro anni fa a Venezia 75

Racconto degli ultimi giorni di vita di Stefano Cucchi e della settimana che ha cambiato per sempre la vita della sua famiglia, Sulla mia pelle diretto da Alessio Cremonini e scritto con Lisa Nur Sultan si basa sui verbali e le testimonianze della vicenda giudiziaria e apre la rassegna Orizzonti a Venezia75.

Il 22 ottobre 2009, mentre si trovava in custodia cautelare, Stefano Cucchi, 30 anni, morì nell’ospedale Sandro Pertini a Roma.

L’avvocato della famiglia Fabio Anselmo e la sorella di Stefano, Ilaria Cucchi hanno dichiarato piena condivisione per la realizzazione di un film che riporta in primo piano una vicenda tanto dolorosa quanto controversa, una storia infame che getta vergogna sullo Stato di diritto in cui crediamo di vivere.

Alessandro BorghiJasmine Trinca sono gli interpreti, intorno a loro personaggi secondari tratteggiati con rapide pennellate e precisione di caratteri fanno da cornice alla parabola drammatica che si avvita intorno alla figura di quel ragazzo scheletrico, condannato a pagare troppo per le sue piccole colpe.

Stefano non era un santo, lo sappiamo, vendeva qualche dose di droga, poca roba, aveva un passato di tossicodipendenza curato in un centro di riabilitazione e adesso lavorava col padre, da geometra.

Soffriva di epilessia, si allenava in palestra nello sport che gli piaceva, la boxe, e per il resto niente da segnalare se non che la sera usciva come tutti i ragazzi del mondo e si vedeva con qualche amico.

Quando i carabinieri lo arrestarono la sera del 15 ottobre 2009 stava fumando una normale sigaretta fermo in macchina con un amico. Purtroppo in un calzino nascondeva un pacchetto con un po’ di roba, ma il trattamento poco gentile dei carabinieri cominciò anche prima di averlo trovato.

Fatto sta che una rapida perquisizione e un trasferimento immediato in caserma innescarono una spirale da cui Stefano uscì morto dopo appena una settimana, mai più rivisto dai familiari a cui fu impedito in ogni modo un incontro.

In caserma gli trovarono addosso 21 grammi di hashish, tre confezioni di cocaina, una pasticca di sostanza inerte e una pasticca di un medicinale anti-epilettico.Stefano era un ragazzo minuto, pesava 43 chili per 1.62 di altezza.Quando morì ne pesava 37.

Il film di Cremonini si ferma qui, sulla vicenda giudiziaria successiva alla morte affida l’informazione a scarne didascalie, ma chi negli anni ha seguito la vicenda sa dei tre gradi di giudizio, dal 2009 fino al 2016 e all’inchiesta–bis voluta fortemente dalla famiglia nel 2017, e sa che si è trattato di un percorso dell’orrore segnato da tracce di dolore, negazione della verità e manipolazione che esigono riscatto da parte di uno Stato che deve garantire ai suoi membri quella giustizia che è stata negata, avvilita, confusa.

Stefano Cucchi vive nel film e lo irradia, la vulnerabilità del suo personaggio è davanti a tutti  e Alessandro Borghi è magistrale nel far rivivere in prima persona l’impotenza, il dolore, l’umiliazione e, soprattutto, la solitudine di quello sfortunato ragazzo.

La ricostruzione è sobria e l’impatto su chi guarda catastrofico.

Leggere le cronache o seguire i notiziari non è paragonabile all’ immersione nella carne viva di una storia che solo il cinema consente.

L’indignazione tracima, le lacrime si fa fatica a trattenerle, e sono di rabbia e di dolore.

Ma, come recita un’antica preghiera, vita mutatur non tollitur, Stefano Cucchi resterà il convitato di pietra di uno Stato inadempiente, forse sarebbe troppo definirlo canaglia, ma fino a quando una giustizia tardiva non arriverà anche per lui tale rischia di essere.

Alla mater dolorosa e alla coraggiosa sorella che non si è mai arresa solo la saggezza antica forse può dare un piccolo conforto:

“Nulla rimarrà nel luogo in cui si trova, il tempo abbatterà ogni cosa e la trascinerà con sé. E non si prenderà gioco solo degli uomini ma dei luoghi, delle regioni, delle parti dell’universo.

Appianerà tutte le montagne e altrove farà sorgere in alto nuove rocce; inghiottirà i mari, devierà i fiumi e dopo aver troncato le comunicazioni tra i popoli, dissolverà la società e la convivenza del genere umano; altrove farà aprire vaste voragini sotto le città, le scuoterà con terremoti e dal profondo effonderà esalazioni pestilenziali, coprirà con inondazioni ogni luogo abitato, ucciderà ogni essere vivente sommergendo il mondo, brucerà con vasti incendi e ridurrà in cenere tutto ciò che è mortale…

Beato tuo figlio, o Marcia, che già conosce queste cose!”

Seneca, Consolatio ad Marciam

Sulla mia pelle

Italia, 2018, durata 100’

regia di Alessio Cremonini

con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora, Milvia Marigliano, Andrea Lattanzi

 

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