Caravaggio – L’anima e il sangue di Jesus Garces Lambert

Altamente raccomandabile questa esperienza visiva, produzione di Nexo Digital, ultra risoluzione di un girato in sorgente 8K (7680×4320 pixel) in formato Cinemascope 2:40.

Dettagli tecnici che ai non addetti ai lavori dicono poco ma che consentono una visione molto vicina a quella effettiva dell’occhio umano.L’immagine percepita non sembra artefatta e l’esperienza emozionale dello spettatore si esalta.

Altamente raccomandabile soprattutto per chi ha inseguito, dovunque fosse possibile trovarle, le opere del Merisi Michelangelo, autodenominatosi Caravaggio dal paesino di nascita, un bisogno di radici stravagante per un globetrotter del suo calibro, ma comprensibile se entriamo dentro la sua biografia.

Altamente raccomandabile, infine, perché la ricerca di quelle opere è sempre inevitabilmente condizionata dalle distanze e dai costi dell’operazione, dunque finora non restavano che cataloghi, libri d’arte, qualche bella riproduzione ad altissima risoluzione fotografica, ma tutto lì.

Oggi che la tecnica fa miracoli e la riproducibilità dell’opera d’arte non spaventa più né fa gridare allo scandalo, nell’asettica oscurità di una sala cinematografica entrano in gioco tutte le arti incantatorie del cinema e fanno da contrappeso al feedback mancante, quello che solo il contatto diretto con l’opera appesa al gancio in un museo o vibrante di luce propria nella silenziosa cappella di una chiesa provoca.

 

Di Caravaggio al cinema esistono precedenti importanti.

Nel 1986 Derek Jarman girò un Caravaggio geniale e pieno di anacronismi, una rivisitazione del personaggio in chiave omosessuale che gli valse la nomination per l’Orso d’Oro a Berlino, ma già nel 1948 Amedeo Nazzari aveva girato Caravaggio, pittore maledetto e nel ’67 fu Gian Maria Volontè ad interpretarlo in uno sceneggiato televisivo.

 

Merito di questa edizione è la riuscita simbiosi fra taglio documentaristico e ricostruzione biografica, cui si aggiunge un terzo elemento, lo sperimentalismo degli effetti speciali visivi e sonori che convive in efficace complementarietà con la sintassi delle immagini.

Guasta un certo barocchismo che le performances dell’attore Emanuele Marigliano mettono in campo a commento del travaglio caravaggesco, la sceneggiatura ne esce inutilmente appesantita. Le opere, la vita, la forza del personaggio hanno un impatto così forte che bastano da sole e ogni orpello esteriore crea ridondanze e disagio in chi guarda.

L’ambientazione, o meglio, le ambientazioni, sono il pezzo forte del film accanto alla galleria delle opere. La Roma papalina tra ‘500 e ‘600, esuberante e limacciosa, centro di un potere senza confini interamente dedito al culto della propria immagine, una città dove geni unici nella Storia vissero della loro arte sotto il manto purpureo di cardinali e la munificenza di Papi potenti, è sfolgorante nei saloni dello sfarzo pontificio e lurida nei vicoli maleodoranti di bettole e prostitute, dove vite ribelli si trascinano, si ubriacano e scatenano risse.

E poi Napoli, Malta, Siracusa, Porto Ercole, i luoghi della vita borderline del Merisi, punteggiata ad ogni tappa da capolavori e da morte, ribalte di un artista unico che scomparve nel mare, in un epilogo doloroso e annunciato, meteora che solo le opere possono raccontare, un destino maledetto e inimitabile, teso verso la luce a partire dal buio profondo in cui lo spazio che circonda le figure sprofonda e si annulla.

Il repertorio delle opere selezionate è ampio, quaranta tra le più note – dalla Canestra di frutta al David con la testa di Golia, passando per Medusa, il Martirio di San Matteo, Giuditta e Oloferne, La morte della Vergine – mai viste tutte insieme a costruire la storia densa di avvenimenti di un genio potente, un uomo che passò incurante dalle stelle della gloria al baratro della miseria, del carcere, del bando capitale emanato dall’autorità pontificia, che voleva dire testa mozzata se fosse stato preso.

Opere scandagliate da vicino dalla voce dell’artista, affidata a Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours, aspra, a volte graffiante, o guidate dal commento di studiosi che accompagnano il nostro occhio in una visione ragionata, si offrono al nostro sguardo con particolari difficili da percepire ad occhio nudo, ci fanno immergere nelle forme, nei colori, nelle luci e nelle ombre in cui sentiamo la forza materica della pennellata e affiora tutto il travaglio della creazione.

Il colorito itterico del Bacchino malato, le bocche urlanti nel dolore della decollazione, i fiotti di sangue che scorrono lungo i corpi, le facce contadine e i piedi sporchi di poveri popolani che sono il suo soggetto preferito e che lui fa diventare Santi e Madonne, tutto finisce per avvolgerci in un’illusione globale in cui l’artista torna ad essere un uomo e la sua grandezza convive con la sua miseria, le vicende di una vita in fuga sono altrettante stazioni di una Via Crucis segnate ogni volta da un’opera indimenticabile, segno tangibile del suo passaggio che sembra esorcizzare così le sue tendenze autodistruttive.

Lo spettatore rapito resta in silenzio di fronte al mistero dell’Arte, ma di certo continuerà a chiedersi come sia possibile da tanta oscurità produrre tanta luce.

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Caravaggio – L’anima e il sangue

Italia 2018 durata 90’

regia di Jesus Garces Lambert

con Manuel Agnelli

 

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