The Whistleblower di Larysa Kondracki

Non leggete se siete deboli di stomaco o avete la coscienza sporca. Sono un agente di polizia obbligata a fare rapporto sui crimini. Ho ricevuto denunce da donne che descrivevano le violenze fisiche psicologiche e le torture emotive. Quando arrivano in Bosnia queste ragazze vengono vendute e obbligate a fornire prestazioni sessuali. La loro clientela è costituita da forze speciali, polizia internazionale, polizia locale e impiegati internazionali. Peggio ancora, sono diventati trafficanti loro stessi. E’ ora che ognuno di voi realizzi che questa è una seria organizzazione criminale con enormi profitti. Noi siamo una forza di pace che è venuta per proteggere degli innocenti. Ma adesso li sfruttano nel peggior modo possibile. Potremmo essere accusati di pensare con i nostri cuori invece che con le nostre teste. Ma manterremo la nostra umanità.

E’ un frammento della sceneggiatura, bisogna leggerlo prima di vedere il film, perché è un documento autentico, poi bisogna guardare il film sapendo che è tutto vero, è così che vanno le cose in Bosnia, a 16 anni dalla fine del conflitto è ancora così (n.d.r. il film è del 2011), dunque il film è un documento più agghiacciante perché non è solo reale, è attuale, non si può non pensare che mentre guardiamo ci sono retrobottega di locali, bar, discoteche ancora pieni di donne stuprate, massacrate e in catene. Donne che hanno paura e non collaborano, anche quando possono.
Non è una novità, certo, ma provate a chiedervi anche chi collabora a tutto questo e non pensate solo alle mafie e alla malavita organizzata.


Ma prima ricordiamo cosa fu quella guerra, i mille giorni dell’assedio di Sarajevo, Srebrenica, Mostar e il suo antico ponte, quel ponte che aveva ispirato il capolavoro di Ivo Andrić, Il ponte sulla Drina, e i cecchini che sparavano sulla folla al mercato, e infine la grande biblioteca di Sarajevo data alle fiamme. Una convivenza interetnica di secoli bruciò in fretta.
Ricordiamo i camion dell’Unprofor, ricchi convogli che per anni andarono avanti e indietro a portar soccorsi, i Puffi li chiamavamo, per via dei caschi blu.
Ricordiamo l’orrore dei resoconti di qualcosa che fu chiamata “pulizia etnica”, feconda inventiva linguistica degli uomini, la seguimmo per anni, ogni giorno, in Tv, seduti nelle nostre tiepide case.
Dal cielo gli elicotteri lanciavano giocattoli per bambini morti, raccontò un giorno la penna indignata e pietosa di Barbara Spinelli, e pensammo di aver toccato il fondo.


Poi ci fu la pace, 1995, gli accordi di Dayton, come d’incanto i cuori esultarono e gli occhi del mondo guardarono altrove. E il mondo dimentica presto.

E arriviamo al nuovo millennio.
Kathryn Bolkovac è una poliziotta del Nebraska, il volto di Rachel Weisz, incantevole, una donna che ogni donna vorrebbe per amica.
Il caso, solo quello, la porta in Bosnia e lì scopre che IPTF, polizia locale e ufficiali delle Nazioni Unite hanno trovato un comune e proficuo terreno d’intesa per la pace perpetua: la tratta delle schiave.
Kathryn era arrivata con un contratto di sei mesi, i 100.000 dollari per lavorare come peacekeeper delle Nazioni Unite l’avrebbero aiutata a sistemarsi, una volta tornata a casa, per vivere accanto alla figlia affidata dal tribunale all’ex marito.
Kathryn, a suo modo, è anche lei vittima di una violenza, la figlia ha quasi l’età delle ragazze Ucraine illuse in discoteca da procacciatori di schiave con la prospettiva di lavori facili e redditizi.
Poi queste ragazze arrivano al confine con la Bosnia, lì un tizio con la divisa delle Nazioni Unite le aspetta, loro gioiscono e quindi spariscono in qualche retrobottega.
Quello che scopre Kathryn, e solo per puro caso (era un’operazione di routine), è il retro del bar Florida. Sporcizia, cicche spente, nomi incisi sul pavimento, catene, letti sfatti, foto di violenze.
Chissà se andando a Sarajevo troveremmo ancora il bar Florida? Forse sì.
La signora Bolkovac, dopo inenarrabili vicissitudini che il film ci fa seguire molto bene, coperture vergognose, mobbing, irruzioni nella sua sfera privata, minacce telefoniche e non, insomma il solito repertorio consolidato (provare ad immaginare una donna che fa realmente queste indagini in Bosnia, e non su un set cinematografico) ha abbandonato il suo lavoro, è diventata the whistleblower, un informatore,  e ha scritto un libro sulle sue esperienze.
I contratti in Bosnia valgono milioni, gli Affari Interni avevano reso ingestibili tutti i suoi files con la targhetta closed e applicato gli opportuni omissis alle inchieste.
Larysa Kondracki ne ha fatto un film con un buon cast fra cui spicca la Redgrave, icona che non tramonta mai, ogni ruga della sua faccia racconta, e riesce a salvarsi (in un piccolo ruolo) perfino la Bellucci, l’ha girato in Romania e l’ha presentato all’ INDEPENDENT FILM FESTIVAL BOSTON 2011.

Arrivato tardi fino a noi, avremmo potuto non sapere, ma ora sappiamo.
The Whistleblower ci ha informato, cosa resta?
Rallegrarsi di non vivere lì? Di non essere madri di Raya e delle altre che una sera non sono tornate a casa dalla discoteca?
Il film ha una misura corretta nel descrivere i fatti e denunciarli, pur mantenendo oggettività narrativa senza adottare uno stile documentaristico, dà forti scosse emotive ma senza cadute retoriche, cosa che molto spesso abbiamo visto accadere nella pletora di film su argomenti del genere, fa quadrare i conti con il ritmo della vita reale e, pur trattandosi di un film, non riusciamo per un solo istante a non pensare che è tutto vero, che sta accadendo quasi sulla porta di casa, e facciamo fatica a continuare.

A Kathryn, sola e impotente, non resta che sedersi davanti al computer e scrivere:

Al capo del personale
Commissario capo in Bosnia

Non leggete se siete deboli di stomaco o avete la coscienza sporca. Sono un agente di polizia obbligata a fare rapporto sui crimini. Ho ricevuto denunce da donne che descrivevano le violenze fisiche psicologiche e le torture emotive. Quando arrivano in Bosnia queste ragazze vengono vendute e obbligate a fornire prestazioni sessuali. La loro clientela è costituita da forze speciali, polizia internazionale, polizia locale e impiegati internazionali. Peggio ancora, sono diventati trafficanti loro stessi. E’ ora che ognuno di voi realizzi che questa è una seria organizzazione criminale con enormi profitti. Noi siamo una forza di pace che è venuta per proteggere degli innocenti. Ma adesso li sfruttano nel peggiore modo possibile. Potremmo essere accusati di pensare con i nostri cuori invece che con le nostre teste. Ma manterremo la nostra umanità.”

Immunità non è impunità – ricorda nel finale Madeleine (Vanessa Redgrave) all’alto funzionaro dell’ONU che difende l’operato di chi ha tolto a Kathryn la sua missione e l’ha espulsa – l’ONU è nata sulle ceneri di Auschwitz

Bisogna ascoltare cosa le risponde il funzionario, l’orrore non ha mai fine.

Nelle note di chiusura sullo schermo, si apprende che oltre 2,5 milioni di donne sono schiave del sesso in tutto il mondo e il traffico sessuale sta crescendo a passi da gigante.

Ricordiamo infine che il film è stato girato nel 2010 sulla scorta di documenti autentici. Non risulta, a tutt’ oggi, che la situazione sia cambiata in modo significativo.

Miss Sarajevo Passengers | U2 and Brian Eno ft Luciano Pavarotti Official Video

 Germania-Canada 2011, durata 112′

di Larysa Kondracki

con Rachel Weisz, Monica Bellucci, Benedict Cumberbatch, Vanessa Redgrave, David Strathairn, Liam Cunningham, David Hewlett, Luke Treadaway, William Hope, Nikolaj Lie Kaas

 

_____________________

Le immagini presenti nell’articolo appartengono ai rispettivi proprietari e sono utilizzate al solo scopo di corredare il testo.

Potrebbero interessarti anche...