I cattivi dormono in pace di Kurosawa Akira

Iwabuchi, presidente di una grande società immobiliare, sta celebrando il matrimonio di sua figlia Yoshiko con Koichi Nishi.

Vari incidenti si susseguono mentre il ricevimento prosegue:Wada, il contabile della società, viene arrestato con l’accusa di corruzione davanti ad un folto stuolo di giornalisti che sembrano essere lì proprio per questa scena (sulla categoria Kurosawa non fa sconti, sono gli sciacalli per definizione, nessuno che si salvi, neanche quando appaiono in altri film come Scandalo o Cane randagio); il fratello della sposa rivolge allo sposo uno strano discorso di minaccia che fa calare un gelo ben presto dissipato dal brindisi di notabili dall’aspetto di squali, capaci di incassare impassibili ben altro; al momento del taglio della torta ne entra in sala una seconda, enorme, su un carrello, un plastico in glassa del palazzo della società, con un inquietante fiore che sbuca dalla finestra del settimo piano da cui è precipitato, cinque anni prima, un impiegato.

Una sequenza capolavoro questa del matrimonio (Coppola, nel ’72, la tenne ben presente per Il Padrino), 22 minuti che aprono un film di denuncia sociale e politica a pieno titolo fra i cult mondiali del genere e che ha fatto esclamare ad un entusiasta S.Galbraith: “Qualsiasi studente serio di cinema giapponese dovrebbe correre a vedere The Bad Sleep Well, uno dei film migliori di uno dei grandi maestri dell’arte.”

Satira sulla corruzione ai più alti livelli di governo nel Giappone del dopoguerra, tratta con abile commistione di toni fra noir e thriller, padronanza magistrale di mezzi tecnici (bianco e nero tagliente, da foto-diario, notizie di cronaca che scorrono come in un docu-film, geometrie di interni studiate e intriganti ), grandi soluzioni di regia (il matrimonio e il falso funerale di Wada sono da antologia nell’osservazione di comportamenti, pensieri, emozioni) una materia incandescente che, nel mettere a fuoco un problema sociale con grande audacia e preveggenza (scandali reali, grandi aziende alleate ai governi e corruzione dilagante saranno il leit motiv tra Oriente e Occidente nei 50 anni successivi) porta alla luce quella zona grigia dell’animo umano che solo la tragedia greca, e poi Shakespeare, avevano indagato così a fondo.

Quasi tutti i personaggi, indipendentemente dalla loro posizione, vivono situazioni di disagio, la lotta non è tra il bene e il male, ma piuttosto nella ricerca di spazi possibili di convivenza con le proprie debolezze e bassezze in nome dei propri quotidiani, piccoli eroismi o sopravviventi lampi di umanità.

Iwabuchi, il figlio Tatsuo, Wada e Miura, i funzionari corrotti, Moriyama e Shirai, i faccendieri del boss, sono personaggi da tragedia e commedia insieme, Kurosawa fa sfilare un campionario di umanità complessa e sfaccettata, e anche Nishi (un Mifune introspettivo e tormentato) l’eroe positivo, lontano epigono di Amleto, non sfugge a questo sguardo.

Figlio illegittimo e non riconosciuto dell’uomo fatto volare dal settimo piano, ha architettato la vendetta con meticolosa precisione, sostituendosi con abili manovre al vero sposo, suo amico e alleato nel piano, per entrare nell’orbita di Iwabuchi e colpire senza pietà. Ma per portare a termine la sua vendetta deve diventare cattivo, anche se è contro la sua natura.

Io devo amare il mio odio e diventare cattivo”, dirà all’amico nel corso della vicenda che, nella seconda parte, registra una notevole accelerazione nel ritmo narrativo. Non raggiungerà il suo obiettivo, l’amore imprevisto per Yoshiko sarà il suo tallone di Achille e i “cattivi “ continueranno a dormire in pace, come insegna amaramente il titolo del film.

Non è questo che, però, sembra stupire Kurosawa, e il finale così improvviso e poco sviluppato rispetto al resto lo dice. Fatta salva la tensione civile che anima il soggetto, espressa senza riserve la condanna del mondo squallido dei reati societari e dell’impunità che ad essi si accompagna, Kurosawa ci mostra soprattutto l’uomo e il suo doppio. Nessuno può realmente chiamarsi fuori dal tragico gioco al massacro, pur nella differenza dei ruoli che oppongono i “cattivi” ai “buoni”.

Unico personaggio descritto con autentica simpatia è Yoshiko, prima brutalmente usata come pedina da chi più avrebbe dovuto proteggerla (Nishi e il padre) e infine sconfitta da un destino che la priva dell’amore proprio nel momento in cui stava diventando una realtà.

Eppure Kurosawa si ostinerà sempre ad affermare di essere incompetente nelle vicende d’amore!

I cattivi dormono in pace

titolo originale: Warvi yatsui hodo yoku nemuru

Giappone 1960 durata 151 b/n

di  Kurosawa Akira

con Toshiro Mifune, Takeshi Kato, Takashi Shimura

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