Il sole a mezzanotte di Speer Scott

Il bello dell’estate, la distesa estate, stagione dei densi climi, dei grandi mattini, dell’albe senza rumore (verseggiava Cardarelli), è che riesci a non mandare nel paese dei campanelli il regista di questo film. In fondo, ti dici, non siamo usciti di casa col freddo come succede per tre quarti dell’anno, la sala era praticamente vuota, aspirazione quasi sempre frustrata del vero cinefilo, all’uscita ci aspettava un buon gelato e domani il sole avrebbe steso sul mare un tappeto di puro cristallo.

Appunto il sole, quello che “la povera Kate” (epiteto formulare che d’ora in poi useremo)non può vedere perché affetta da una terribile malattia dal nome ancora più terribile (e perciò ce lo risparmiamo) che colpisce uno su un milione, percentuale così bassa che hanno bloccato i fondi per la ricerca.

Dunque, o ci si ammala in tanti o non c’è speranza alcuna, si muore se esci di giorno e amen.

Le radiazioni UVA sono mortali per questi pochi e sfortunati individui, ma sull’argomento sembra domini una forma di comprensibile rassegnazione.Sembrano rassegnati anche il padre della “povera Kate” e la dottoressa amica, nessun risvolto tragico, nessun vaffa al sistema sanitario nazionale, tutto è accettato con civile stoicismo, nulla deve turbare il quadro di dolce e quieto vivere di questa famigliola che è stata colpita da disgrazie grandi come i macigni delle Simplegadi ma che passa serena nel varco maligno della vita come la zattera degli Argonauti.

Quali disgrazie?

Intanto la rara malattia della “povera Kate”, costretta da quasi vent’ anni a dormire di giorno e uscire di notte, ma solo per qualche ora, il padre amorevole che comanda vuole il coprifuoco alle dieci, e noi ci chiediamo perché.

Poi c’è la madre, bellissima e giovane, morta in un incidente d’auto quando “la povera Kate” era piccolissima.

Infine il padre, giovanile e aitante, bella faccia di padre premuroso, di lui non si capisce quale sia il lavoro, certo è un tipo molto casalingo che sembra non avere interesse alcuno verso l’altro sesso. Votato anima e corpo alla causa della figlia, dovrebbe suscitare empatia nello spettatore, in realtà suscita odio feroce in noi dall’animo indurito dalla vita.

 

La “povera Kate”, dopo aver passato l’infanzia dietro i vetri oscurati a guardare le bambine che la sbirciavano dalla strada e la chiamavano “vampiro” viste le peregrinazioni notturne, è diventata una stupenda fanciulla degna della copertina di Vogue che passa il tempo con l’amica Gordon a suonare la chitarra della madre defunta e ad amare di amore segreto il figlio carino dall’aria non proprio sveglia di Arnold Schwarznegger, Patrick nella vita Charlie nel film.

Da piccolo Charlie passava sotto casa di Kate con lo skateboard e in lei è nato l’amore a prima vista, poi ha continuato a skettare da grande con tanto di toga e tocco rosso del college e l’amore si è consolidato, non sappiamo cosa farà  da vecchio ma poco importa, finito il film con la morte della “povera Kate”, che deciderà di esporsi al sole tanto la ricerca medica non andrà avanti e allora meglio un bel giro in barca a vela con l’amato Charlie/ Schwarznegger, tutto perderà d’interesse.

Il sole a mezzanotte una volta tanto traduce pari pari il titolo originale, Midnight Sun, i distributori italiani non se la sono sentita di alterare la suggestione che parte fin dal titolo e la melassa comincia a grondare appunto da lì.

Pare che papà Arnold abbia detto al figlio, fra i consigli vari che ogni buon padre ama elargire:

“ Devi semplicemente fidarti di tutti i membri della troupe, perché insieme faranno un grande film”.

E grande film fu.

Ma attenzione, l’aggettivo è a doppio taglio e sul concetto di grandezza bisognerebbe mettersi d’accordo.

Certo il film è così “grande” che tutto funziona a meraviglia: persone giuste, sentimenti giusti, amori e amicizie giusti, treni in orario e zero agguati alla ragazza sola che canta e suona la chitarra nella stazione di notte mentre i bravi passanti lasciano i loro soldini (un bambino lascia una merendina, e qui ci scappa addirittura una lacrima).

Nelle festicciole dei teen agers scorre sì birra, ma appena un po’, niente canne e niente sesso, tutti bravi ragazzi che fanno il bagno di notte in mutandoni, i diplomi di laurea sono assegnati con le solite cerimonie di cui negli USA vanno tanto fieri (sempre che uno non abbia fatto prima una piccola strage), l’amore trionfa con tutto il suo corteo di ninfe e amorini, perfino il padre prolunga il coprifuoco a mezzanotte (e qui siamo in pieno regime di favola).

Come Cenerentola la “povera Kate” scappa, ma non a mezzanotte e non lascia la scarpetta di vetro, ci lascia la pelle perché i due piccioncini si sono addormentati e quando si svegliano è già l’alba, quella dove i sogni muoiono, appunto.

La tremenda malattia dal nome tremendo farà il suo corso, una grande malinconia si estende su tutto il finale, i buoni sentimenti non hanno più freni e la canzoncina che Kate ha cantato a ripetizione riprende per la gioia di chi defluisce commosso dalla sala.

“Ci sono stati dei film che ho preso come spunto. Sono sempre stato un fan delle storie d’amore. Quindi tendevo a guardare film come Splendore nell’erba e alcune delle storie d’amore originali che hanno dato vita a questo genere. Quei film sono così senza tempo, e questo è un elemento che volevo catturare. Riguardavo tutti quei film e cercavo di trovare il nostro posto in quel ventaglio di storie d’amore”…

… dice Scott Speer parlando del suo film. Il posto l’ha trovato, dove non si dice.

Il sole a mezzanotte

USA 2018 durata 91′

Titolo originale Midnight Sun

Regia di Scott Speer

Con Bella Thorne, Patrick Schwarzenegger, Rob Riggle, Quinn Shephard, Paul McGillion

 

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