SHOAH parte sesta

Ruth Elias era molto giovane quando nel 1939 i tedeschi invasero la Cecoslovacchia.Vita in clandestinità e poi nel campo per famiglie di Theresienstadt, vicino Praga.Tappa successiva Auschwitz –Birkenau.

Quando scendemmo dal treno  sentivamo solo quell’urlo Raus! e  Schnell! e vedevamo tante luci … alcuni detenuti ci vennero incontro e ci dissero che qui bruciavano le persone … non ci abbiamo creduto”

E’ la storia di una beffa atroce, quella degli Ebrei ceki arrivati ad Auschwitz daTheresienstadt nel dicembre del ’43. Avevano una tessera speciale, SB con quarantena di 6 mesi.Data di scadenza: 7  marzo.

SB = Sonderbehandlung era “trattamento speciale”, cioè “morte per gas” per chi capiva quei codici, racconta il Sonderkommando Rudolf Vrba, ma le famiglie furono inaspettatamente tenute insieme, lasciati i loro vestiti, fu dato cibo sufficiente, non mancò nemmeno un teatrino per i bambini che le SS amavano frequentare. Si strinsero amicizie.

Perché mai trattare così gente che sarebbe stata eliminata sei mesi dopo, ci si chiedeva allibiti? Forse perché erano obbligati a scrivere ai parenti rimasti a Theresienstadt che tutto andava bene, che presto sarebbero tornati? O forse, ci chiediamo noi, chissà, alimentare così la speranza nelle persone avrebbe reso la scena finale ancora più degna di essere vissuta da parte dei guardiani della morte, ci si abitua all’efferatezza, servono scosse più forti, e quegli Ebrei ancora vivi ed energici dopo sei mesi di vita alternativa, non morti che camminano come sempre era stato prima, quando dai treni si passava direttamente nelle camere a gas, resero lo spettacolo ancora più elettrizzante.  Arrivò finalmente il 7 marzo, si fece credere a tutti che dovevano essere spostati in un altro campo e avviati sui camion al crematorio II.

Filip Müller non regge, dice a Lanzmann “Basta”, ma poi continua e quello che racconta è orrore allo stato puro.

L’incredulità, le botte, correre, correre, e ancora colpi, entrano nello spogliatoio coperti di sangue, e ancora guardano con occhi di sfida le SS che li hanno ingannati, non obbediscono all’ordine di spogliarsi … e all’improvviso si alza un coro, cantano l’inno ceko e l’Ha Tikva.

Filip Müller entra nella camera a gas, vuol morire con i suoi compatrioti, lo implorano di andar via: “La tua morte non ha nessun senso non ci renderà la vita, devi vivere, devi testimoniare la nostra sofferenza e l’ingiustizia che ci è stata fatta ”.

Questa storia convinse Rudolf  Vrba a fuggire. Aveva capito una cosa atroce: la Resistenza, per cui aveva lavorato a lungo nel campo, esisteva solo per la propria sopravvivenza, inutili erano stati i tentativi di mobilitarla in quell’occasione, e si poteva, ci sarebbero state tante perdite, soprattutto i cento bambini del gruppo, ma nessuno aveva speranze, bisognava rischiare, si poteva fare una rivolta. Ma la Resistenza fu capace solo di dare pane e cipolle ai morituri. Dunque bisognava evadere, far sapere al mondo quello che succedeva nei campi, si preparava (Vrba l’aveva saputo negli uffici che frequentava come Sonderkommando) l’eliminazione degli Ebrei ungheresi a partire da maggio. Se fosse riuscito a scappare e far sapere …

 Vrba fuggì, tentò di raccontare al mondo, riuscì a raccontarlo a qualcuno (v. Shoah parte quinta).

Il resto è storia nota.

Stima totale delle persone uccise durante la Shoah in Ungheria: 574.095

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SHOAH di Claude Lanzmann

parte prima

parte seconda 

parte terza

parte quarta

parte quinta

parte sesta

esodo

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