SHOAH parte seconda

Orrore orrore, uomo, togliti gli abiti,copriti il capo di cenere, corri nelle stradee danza, colto da follia

Jacob Schulmann rabbino di Grabów

Suchomel continua ad indicare con la  bacchetta la mappa alla parete:Wirth fece costruire qui il lager della morte e vi assegnò circa 200 “ebrei del lavoro”. Le nuove camere a gas potevano far fuori  3000 persone entro due ore.

Sì ma, quante persone per volta dentro le camere a gas?

Non saprei esattamente, gli Ebrei dicono 200.

200?

Sì, immagini una stanza come questa.

Ad Auschwitz ne mettevano di più.

Ma Auschwitz era una fabbrica!

E Treblinka?

Ora le dò la mia definizione:Treblinka era una catena di morte, primitiva, ma funzionava bene, capisce?

Sì sì, primitiva. Ma funzionava bene…

Sì, e Belzeç era il laboratorio, lì Wirth ha fatto tutte le esperienze immaginabili, all’inizio non ci sapeva fare, le fosse straripavano, la cloaca scolava davanti al refettorio delle SS, puzzava davanti al refettorio, davanti alle loro baracche. Kurt Franz, Hackenhold, Oberhauser dovevano mettere i cadaveri nelle fosse, perché Wirth sapesse quanto era lo spazio necessario. Se si rifiutavano lui li picchiava con la frusta.E’ con questa esperienza che arrivò a Treblinka.

Franziskaner  Poststuberl, un bel pub, sala ampia, piena di gente, tanta birra alla spina che un uomo sui sessanta/sessantacinque dallo sguardo torvo spilla in grossi bicchieri.Lanzmannn si piazza davanti al banco. Gli chiede quanti litri di birra vende al giorno. L’altro risponde che sono fatti suoi.

E’ molto che lavora qui?

20 anni

Ma perché nasconde il suo viso?

Ora il torvo ha messo gli occhiali da sole

Affari miei

Ma quali affari miei? Riconosce quest’uomo?

Lanzmann gli mostra la foto di Wirth

Signor Obherhauser, ricorda Belzeç?

Silenzio, Obherhauser va a fumare nel retro

No? No? E le fosse che traboccavano? Non ha più memoria?

Protocollo di Wannsee per la soluzione finale del problema ebraico (20 gennaio 1942)

nome:Aktion Reinhard

Il verbale della conferenza del Wannsee tenutasi il 20 gennaio 1942 fu redatto da Adolf Eichmann, seguendo le istruzioni di Reinhard Heydrich. Il documento è articolato in quattro paragrafi ed è composto da 15 pagine dattiloscritte.

http://www.assemblea.emr.it/cittadinanza/documentazione/formazione-pdc/viaggio-visivo/lo-sterminio-degli-ebrei-in-urss-e-in-polonia/la-conferenza-di-wannsee/il-protocollo-di-wannsee/approfondimenti/il-verbale-della-conferenza-di-wannsee

Cosa accadde dopo – Improvvisazione e imperizia iniziale dell’Aktion Reinhard nei campi di sterminio.

Globocznik, responsabile nominato da Heidrich dell’Aktion Reinhard, arriva come un  fulmine a Sobibòr da Lublino in un’afosa giornata d’agosto. C’è dappertutto odore di carne putrefatta, dice il signor Spiess, procuratore generale al processo di Treblinka, e così il comandante Eberl è rimosso dall’incarico con parole sbrigative:

“Come mai ne accetti tanti ogni giorno se non puoi “finirne” neanche 3000?”

Globocznik  lo sostituisce con Wirth, poi con Stangl e tutto comincia a funzionare meglio. Vengono costruite solo le camere a gas in pietra, le baracche sono di legno perchè i campi non erano fatti per durare. Un treno sferraglia su vecchi binari, lo zoom si avvicina alla torre massiccia di grossi blocchi grigi, sul fondo di una lunga strada sterrata. Sembra un fungo, un totem, un menhir, sembra uscire dalla terra come in un anime dell’orrore. A questo punto è opportuna una breve incursione nel cuore della strategia politica, Lanzmann non ama  le lunghe analisi parolaie, ma ora è necessario capire perché lo sterminio abbia avuto una collocazione territoriale così precisa, concentrandosi soprattutto nell’area nord-orientale del Reich e perché tanta  fretta di cominciare.

A Himmler premeva affrettare la Soluzione Finale, bisognava approfittare dell’avanzata tedesca verso est per compiere, in quell’entroterra remoto, il più segretamente possibile, l’assassinio di massa, quindi all’inizio non c’è stata quella perfezione raggiunta tre mesi dopo”.

Un treno attraversa la pianura bianca di neve uscendo come una macchia scura dalla nebbia. Fine marzo ’42, siamo ancora a Sobibòr, comincia la costruzione vera e propria del campo. Operai Ebrei e ritmo di lavoro pazzesco imposto dai Tedeschi, brutale. Una ripresa aerea sorvola il bosco e inquadra dall’alto il campo, pronto a giugno per i primi 40 vagoni. E’ una radura ampia, circondata da alberi folti. Quel pomeriggio gli Ebrei arrivarono scortati da SS in divisa nera.

Jan Piwonski è un vecchietto magro, seduto fra Lanzmann ed Eva sulla panchina fuori dalla piccola stazione. Faceva il capostazione. Li vide arrivare, quel giorno, e pensò fossero lì per la costruzione del campo, come al solito, ci si abitua anche a strane cose inspiegabili, dunque  alla fine del turno prese la bici e se ne tornò a casa.

“Non potevamo immaginare che Sobibòr sarebbe stato il luogo dello sterminio in massa della nazione ebraica. La mattina dopo, quando sono venuto qui per lavorare, un silenzio assoluto regnava alla stazione…”.

Guarda a terra, a lungo…

“… e abbiamo capito che era successa una cosa totalmente incomprensibile … prima c’erano grida, spari, gli Ebrei che lavoravano di corsa, e ora quel silenzio incredibile…”

“ Ce lo può descrivere quel silenzio? ”

Descrivere il silenzio … e quegli Ebrei dove li hanno messi? Cosa rispondere? Piwonski ha pensato per trentacinque anni a quel silenzio.

La neve fitta, a larghi fiocchi morbidi, attutisce i rumori, la macchina fruga le facciate di pietra scura, le finestre sbarrate, il filo spinato coperto da una riga bianca e soffice. Alle 4 del mattino il campo dormiva, quando arrivò un SS della sezione politica.

Filip Müller sentiva tutto dalla cella sotterranea del Sonderkommando, il reparto isolato dei “portatori di segreto”, dei morti in sospeso. Lo fanno uscire e con gli altri lo allineano lungo le pareti della camera a gas, è in servizio d’ordine.

Il racconto di Filip è uno dei più lunghi del film, una diretta dall’interno di una camera a gas, personaggi e sceneggiatura perfetti, voice over, un muto a colori, qualche parola riusciamo a sentirla, arriva dal passato con il suo racconto, con le folate di aria gelida, le comparse sono trecento, vecchi e donne, le parole sono Malach-ha-Mawis, Angelo della Morte, harginnen, ci uccideranno, ne avevano una consapevolezza atterrita e impotente. Ma qualcuno parlava di lavoro, sperava ancora. “Di colpo un silenzio pietrificò il gruppo riunito nel cortile del crematorio e tutti gli sguardi erano rivolti al tetto piatto del crematorio…”

Dall’alto scende una voce, è l’SS Aumeyer:

“Siete venuti per lavorare per i nostri soldati che si battono al fronte e per quelli che lavoreranno tutto andrà bene”

La speranza riprende forza, dice Filip. Grabner, capo della sezione politica :

“ Abbiamo bisogno di muratori, di elettricisti, di tutti i mestieri”

Manca solo l’Untersturmfürher Hössler, ed ecco la sua pérformance da attore consumato. Indicando un omettino nella folla dice:

“Qual è il suo mestiere?”

“Signor ufficiale, sono sarto”

“Sarto? come sarto? da uomo?”

“No, anche da donna, signor ufficiale”

“Magnifico, ci vuole gente così nei nostri laboratori”

Una donna dice di essere infermiera

“Brava, abbiamo bisogno di infermiere” 

Chi vuol vivere è condannato a sperare. Chi vuol vivere ha la vocina sottile di quel piccolo sarto che dice:

“Signor ufficiale”

Aumeyer, raggiante e contento di sè, dice ai suoi:

“Visto? E’ così che dovete fare”

Con questo sotterfugio si era compiuto un salto in avanti, d’ora in poi si potevano utilizzare anche i vestiti”.

“Processo burocratico di distruzione

Così  lo storico Raul  Hilberg di Burlington, Stati Uniti, definisce la Shoah.E’ una delle poche voci di teorici che Lanzmann introduce a parlare nel film, un breve intervento di nove minuti e una progressione logica di argomentazioni ferree, sostenute da una capacità di sintesi formidabile e da un linguaggio diretto, chiaro, pragmatico. Dietro gli occhiali spessi lo sguardo è fermo, concentrato sui suoi pensieri, a volte un brevissimo sorriso gli increspa le lebbra, ed è quando il paradosso diventa realtà e la logica si piega ad esso. Bisogna ascoltarlo, nulla può essere trascurato di quello che dice e il culmine è in questa sintesi, la più efficace:

I nazisti non inventarono nulla fino al giorno in cui si dovette andare al di là di tutto quello che già era stato fatto e gasare la gente, cioè annientarla in massa.Allora quei burocrati divennero degli inventori, ma come  tutti i fondatori non hanno brevettato le loro realizzazioni, hanno preferito rimanere  oscuri

19 gennaio 1942

Il rabbino di Grabòw, Jacob Schulmann, scriveva ai suoi amici di Lòdz:

“Miei carissimi, non vi ho risposto finora perché non sapevo nulla di preciso di tutto quanto mi è stato detto. Ahimè, per nostra grande disgrazia ormai sappiamo tutto. Ho avuto qui da me un testimone oculare che si salvò per un caso fortunato. Ho saputo tutto da lui. Il luogo dove vengono sterminati si chiama Chelmno presso Dombie e li sotterrano tutti nella foresta di Rzuszow. Gli Ebrei sono uccisi in due modi, a fucilate o col gas.Da qualche giorno portano là migliaia di Ebrei da Lòdz e fanno altrettanto con loro.Non pensate che tutto questo vi sia scritto da uomo colpito da follia. Ahimè. è la tragica, orribile  verità.

Orrore, orrore, uomo, togliti gli abiti,copriti il capo di cenere, corri nelle strade e danza, colto da follia. Sono talmente prostrato che la penna non può più scrivere. Creatore dell’Universo, accorri in nostro aiuto!”

Il Creatore dell’Universo non è venuto in aiuto degli Ebrei di Grabòw. Con il loro rabbino sono stati tutti uccisi nei camion a gas di Chelmno, qualche settimana più tardi.

 SHOAH di Claude Lanzmann

parte prima

parte seconda

parte terza

 parte quarta

parte quinta

parte sesta

esodo

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