Roma golpe capitale di Francesco Cordio

Chissà se Ennio Flaiano ha mai pensato che il suo marziano sarebbe davvero arrivato un bel giorno a Roma? Forse sì, la realtà supera spesso la fantasia ma la fantasia prepara la realtà da lontano.

Ignazio Marino è quel marziano a Roma, Francesco Cordio con la sua mdp lo ha seguito e poi lo ha raccontato, chi ha la ventura (perché di questo si parla) di vedere il docu-film nelle sparute città dove è stato programmato trasecola, s’indigna e se ne va sconsolato.

Sono passati tre anni dal 30 ottobre 2015, data delle dimissioni “costrette” del sindaco di Roma, decise nel “covo” di un notaio invece che in un aperto dibattito democratico in seduta plenaria nel luogo che i Romani chiamarono Campidoglio, etimo sconosciuto, ma siamo portati a credere alla fantasiosa teoria di Fabio Pittore che parlava di una testa mozzata (caput Oli) trovata nello scavo delle fondamenta per il tempio di Giove.

E di testa mozzata si parla nel film.

Marino era (è) un luminare della scienza medica, basta leggere le sue note biografiche su Wikipedia per saperne di più. Filadelfia la sua seconda patria, dopo Roma che l’ha visto nascere, e quando nasci in un posto ci torni e in genere lo fai per amore. E per amore a volte si muore.

La storia di Marino è un paradigma dell’Italia di ieri e di oggi, la grande Storia conserverà nei suoi archivi questa piccola storia ignobile di un piccolo uomo che voleva un mondo migliore.

Forse a Marino bisognava ricordare la storia dei Gracchi, in fondo a Roma è cominciato da allora, duemila e passa anni di tutto quello che l’uomo può inventare per rubare, malversare, saccheggiare, depredare, appropriarsi indebitamente e costruire feudi.

Marino non è Don Chisciotte, quelli contro cui lottava non erano mulini a vento della sua fantasia sfrenata. Erano mali reali, forse incurabili, e il suo record personale fu di averli tutti contro, nessuno escluso.

Dagli oppositori politici agli “amici” di partito, dal Vaticano ai centri di potere che hanno fatto di Roma una cosa loro, dalla stampa sempre pronta a fare da lacchè a chi offre di più a Matteo Renzi, il premier che di sé diceva: “Enrico non si fida di me, ma sbaglia: io sono leale” e aggiungeva “Io preferisco ammirare che invidiare. Preferisco collaborare che sabotare. Preferisco lavorare che rosicare.” 

In due ore Cordio riesce a dare uno spaccato reale e a suo modo straziante di Roma e dell’Italia, la macchina indugia spesso in esterni di una bellezza che stringe il cuore, chi vive o è vissuto, o è semplicemente passato da quelle parti, sa di cosa parliamo.

In questa “grande bellezza” la figura di Ignazio Marino funge da reagente, è l’uomo giusto nel posto sbagliato, un simpatico signore misurato nei toni, sorridente anche quando le belve gli urlano contro e le serpi striscianti vogliono soffocarlo.

Sembra che non perda mai il suo aplomb, non si tira indietro ma non si atteggia né a martire né ad eroe, è solo un uomo onesto, un marziano, appunto. Non gli mancano leggerezza e senso dell’umorismo, e probabilmente questo lo ha salvato, ma quello che ha visto e contro cui ha combattuto per due anni basterebbe a decimare interi plotoni corazzati.

E quello che ha visto lo raccontano voci di giornalisti “diversi”, come Francesco Luna e Federica Angeli, cronista sotto scorta perché minacciata più volte dalla criminalità organizzata, in particolare ad Ostia, o l’ex procuratore nazionale antimafia Gian Carlo Caselli che, elencando uno ad uno i principali atti pubblici del sindaco, introduce i capitoli narrativi che descrivono “tutti i piedi pestati”.

E val la pena di elencarli, come pacatamente fa lui, seduto in poltrona e con un foglio in mano:

  1. stop agli appalti senza gara;
  2. chiusura di Malagrotta, la discarica grande come 350 campi di calcio;
  3. cambi al vertice di Ama, la municipalizzata dei rifiuti considerata da Marino “non all’altezza del compito”
  4. regole contro le affissioni abusive; lotta all’abusivismo di Ostia (con Alfonso Sabella a commissariare il municipio)
  5. rotazione di zona imposta per la prima volta ai vigili urbani; cartellino imposto per la prima volta ai macchinisti Atac, l’azienda partecipata dei trasporti;
  6. stop alla cementificazione dell’agro romano
  7. chiusura di 15 residence dal costo iperbolico nell’ambito di una riforma delle politiche abitative
  8. pedonalizzazione di via dei Fori imperiali
  9. guerra ai camion bar e agli urtisti
  10. rimpasto nella dirigenza della multiservizi Acea
  11. opposizione alla costruzione del villaggio olimpico a Tor Vergata, “un progetto fortemente voluto da Matteo Renzi”.

Elenco che impallidisce di fronte alle emergenze di Roma capitale, bubbone che sarebbe scoppiato di lì a poco, ma sufficiente a mettere un uomo scomodo nel mirino.

E neppure la curia romana fu al suo fianco. Poteva mai perdonare un sindaco che aveva inaugurato il registro delle unioni civili per coppie lgbt, e mostrato importanti aperture sul fine vita e sulla fecondazione assistita?

E allora bisognava coprirlo di ridicolo, è una strategia vincente quando non si può far altro e quando la città ti ha votato ad ampia maggioranza perché sei una persona onesta, perché, come racconta Wichi “Dal 1946 Marino è l’unico candidato alla carica di sindaco di una città che, essendo parlamentare al momento della candidatura, decide di dimettersi e di fatto rinunciare al seggio prima di conoscere l’esito elettorale.”

 La Panda rossa e gli scontrini.

Così in Italia si affonda il nemico.

La tragedia del Pd nasce da come è stato trattato Ignazio Marino” dice Francesco Luna. Purtroppo non è solo la tragedia del PD, è quella di un “popol disperso che nome non ha”.

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Il documentario arriva nelle sale all’inizio del 2018, all’indomani della condanna in Appello di Marino per la questione scontrini (assolto in primo grado e in attesa della sentenza della Cassazione). Per la storia dei parcheggi è stato prosciolto con formula piena.

Sulla faccenda “scontrini” può essere divertente attingere ad informazioni che qui sarebbe lungo dare. Ma, attenzione, può essere anche mortale (dal ridere).

ROMA GOLPE CAPITALE

documentario

durata: 109’

regia: Francesco Cordio

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