Bab’Aziz di Nacer Khemir

“Se camminate accanto a vostro padre e d’improvviso egli cade sporcandosi il viso di fango, cosa fate? D’istinto prendete anche le vostre stesse vesti e lo pulite. Il mio padre è l’Islam e del fango ne ha sporcato il volto. Con questo film vorrei contribuire a ripulirlo”.

Così Nacer Khemir, regista tunisino, presentava Bab’Aziz  a Panafricana 2006. Collaborava alla sceneggiatura Tonino Guerra, penultimo lavoro prima della Polvere del tempo di Angelopoulos.

 Ishtar, un’ ”anima giovane che é già vecchia”, curiosa bambina dal turbante rosso, cammina a lungo fra dune lisce e rosate a perdita d’occhio con il nonno, Bab’Aziz, un vecchio derviscio cieco dall’anima giovane che chiama la nipotina “mia piccola anima”.

Vanno al grande raduno dei dervisci che si tiene ogni 30 anni in un luogo sconosciuto.La bambina vorrebbe tornare a casa, ha paura di perdersi nel deserto, il nonno la rassicura:

Colui che ha fede non si perde mai, mia piccola anima; colui che é in pace non si allontana mai; basta soltanto camminare, camminare, coloro che sono invitati troveranno la direzione.”

Notte e giorno si susseguono, lungo la strada fanno incontri e ognuno ha storie da raccontare e cose  o persone da cercare.

Ciascuno cerca con ciò che ha di più prezioso, canta, figlio mio, la tua voce ti indicherà il camminodice Bab’Aziz a Zai’d, il giovanotto in jeans e zaino in spalla che é arrivato cantando:

Oh giorno, sorgi! Gli atomi danzano.Grazie a Lui l’Universo danza.Le anime, perdute nell’estasi, danzano.All’orecchio ti dirò dove la sua danza le conduce…

Una musica dolcissima li accompagna, le poesie di Rumi, Attar, Ibn Arabi, Ibn Farid e di altri mistici sufi riempiono l’aria. E’ il canto della semplice vita quotidiana, della magia  di una notte del deserto, é la ricca sensualità verbale del canto d’amore.

La bambina cade nella sabbia e il nonno le pulisce il viso:

“Hai il segno dell’Angelo sul mento – le dice accarezzandola – i bambini nel ventre materno conoscono tutti i segreti dell’universo, ma proprio prima della loro nascita un Angelo viene a posare un dito sulla loro bocca per far dimenticare tutto. Come ricordo di questa conoscenza perduta alcuni come te conservano un segno in mezzo al mento”

“Ma allora un giorno si ritrova la conoscenza che si aveva?” domanda Isthar.

“Forse”, dice piano il nonno, accarezzandosi la barba bianca.

Il vento riscrive le dune con le sue tempeste, l’orizzonte si fa sempre più lontano, ma la marcia prosegue e dal nulla appaiono altri viandanti.

Un derviscio dai capelli rossi davanti alla moschea spazza la sabbia e canta:

“Spazza con la tua anima davanti alla porta della tua amata”.

Un gruppo di dervisci suona, il nonno e la bambina danzano. Ma non sono ancora arrivati.

Il vecchio comincia a raccontare una favola alla bambina, solo così Isthar si convince a rimanere e proseguire il cammino:

 “C’era una volta, in tempi molto più antichi del nostro, in un deserto proprio come questo, un principe bellissimo che un giorno, improvvisamente, rinunciò al potere per seguire sul suo cavallo nero una bianca gazzella. Il cavallo tornò senza padrone, il principe non tornò mai più nella sua tenda ricca d’oro, di canti, balli e musica.Tutti lo cercarono fin quando lo trovarono seduto sul bordo di uno specchio d’acqua…”.

Anche il viaggo di Isthar nel deserto, la distesa piatta dove spariscono tutte le direzioni e i punti di riferimento stabiliti dall’uomo, sarà il  viaggio verso il risveglio, vedere con gli occhi del cuore per trovare la via.

Come gli atomi, i pianeti, il pensiero, così le vesti dei dervisci ruotano in una mistica fusione di musica, canto, poesia, pensiero, movimento, luce e colore.

Il flauto (ney) apre la danza, un suono di tamburi ricorda la creazione del mondo, infine una dolce melodia evoca il soffio divino che ha dato la vita all’Universo.

E’ il semà:

Il semà é fatto per l’unione con l’Amato;
e per quelli che hanno il viso rivolto alla qibla
ecco, il semà rappresenta questo mondo e quell’altro.
E più ancora: il cerchio dei danzatori di semà
che dolcemente volteggiano ha nel suo centro la Ka’ba.
Se desideri la miniera della dolcezza, ecco, essa é là,
e se ti accontenti d’una briciola di zucchero, ecco:
questo dono é gratuito.” (Rumi)

Storie da mille e una notte appaiono e scompaiono con i loro protagonisti lungo il viaggio di Bab’Aziz e Isthar. 
Il deserto é ora luminoso, ora buio sotto la luna, in un susseguirsi di quadri di straordinaria bellezza visiva creati dalla fotografia di Mahmoud Kalari.

Nel viaggio cresce  la conoscenza del mondo, perché viaggiare é perdere, impedirsi di accumulare, procedere nella ricerca del sapere avendo solo due datteri e un pane cotto sulla pietra per mangiare.

I viandanti del deserto sono tutti alla ricerca della verità e anche la morte, dice Bab’Aziz, “non é un salto nel buio ma dal buio”.

Un bellissimo viso di donna, Nour (Golshifteh Farahani) ascolta i poeti in gara intorno a lei.

Piangerà solo quando ascolterà i versi del padre, sono quelli che canta il giovane del deserto:

Oh giorno, sorgi! Gli atomi danzano. Grazie a Lui l’Universo danza. Le anime, perdute nell’estasi, danzano. All’orecchio ti dirò dove la sua danza le conduce, tutti gli atomi nell’aria e nel deserto la sentono bene come se fossero inebriati. Ogni atomo, felice o miserabile, é innamorato del Sole di cui nulla può essere detto”.

Ora lei può partire per cercarlo, come tutti i sufi il padre é da qualche parte, quel canto é la sua voce che l’invita.

Lui andrà alla ricerca di Nour, ha il suo gattino con sé, e racconta la sua storia a Isthar, in un infinito ruotare di vite che s’incontrano e canti che s’intrecciano.

“Per ognuno di noi in questo vasto mondo c’é una “cosa” da compiere, poco importa il resto, se non dimentichi questa “cosa”, anche se ricordi tutto salvo questa “cosa”, é come se non avessi fatto niente di niente” dice ancora Bab’Aziz alla nipotina e a Zai’d, ora sono in tre a viaggiare sulle dune.

La piccola vuol sapere la fine della storia del principe…

Egli é rimasto per molto tempo a fissare il fondo dell’acqua. Finirono per dimenticarlo, solo un derviscio vegliava su di lui e a volte veniva anche la gazzella. A forza di contemplare la sua anima il principe lasciò il mondo visibile per quello invisibile. Quando il principe si risvegliò trovò sulla sabbia gli abiti del vecchio derviscio…

In uno scenario lunare, nella solitudine profonda del deserto piena del canto dolce di una voce materna, il vecchio derviscio trova la sua meta nei sassi di una tomba che lo aspetta.Per lui é venuto il momento di “ritrovare ciò che ha perso”.

A Isthar regala la collana dell’antico principe, la piccola andrà con Zai’d al raduno dei dervisci per cercare Nour, si sentono i canti e i suoni vicini dei loro strumenti.Nella città scavata nel deserto, piena di luci e di gioia, il canto guida Zai’d verso Nour.

Il vecchio derviscio scioglie i lunghi capelli e aspetta. La vita rinasce dalla morte, la danza vorticosa continua senza fine.

Bab Aziz

Tunisia 2005 durata 95′

di Nacer Khemir

con Parviz Shahinkhou, Maryam Hamid, Hossein Panahi, Nessim Khaloul, Mohamed Graïaa

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