Il primo incarico di Giorgia Cecere

 

Da Venezia, sezione Controcampo, una breve storia del Sud, nel Salento, girata fra ulivi e mare, trulli e masserie, anni cinquanta lasciati trapelare da suggerimenti minimi ma estremamente rivelatori di un’epoca, un costume e una realtà ambientale oggi molto diversa, nonostante gli ulivi siano gli stessi.

Giorgia Cecere costruisce il film su due livelli, è storia di una natura molto forte e presente, che impone colori e suoni, ritmi stagionali lenti, indifferenti a tutto, e storia di persone e sentimenti, “un western dei sentimenti”, come dice nelle note di regia.

Da piccola amavo i film dei cowboy. Che se ne andassero alla fine da soli verso chissà dove. La libertà l’ho imparata dai film. Guardandoli in televisione, nel piccolo tinello della nostra piccola casa nell’ultimo paese del Capo di Leuca, scoprivo che il mondo era grandissimo, si poteva percorrere in lungo e in largo, si potevano fare cose incredibili, comportarsi in modi stravaganti, baciarsi all’improvviso tra sconosciuti, ballare sotto la pioggia. Ho voluto imparare a fare i film per raccontare il lato meraviglioso dell’esistente, il fatto che in qualunque momento può succedere qualunque cosa dentro e fuori di noi.”

L’eroina della storia è Nena, una Isabella Ragonese che porta sullo schermo una persona vera, molto forte ma discreta, interpretata con rara finezza, una donna del sud di un tempo in cui esserlo poteva risultare molto difficile se avevi studiato e fatto maturare un’aspirazione alla libertà dura a morire.

Nena è maestra, ottiene il primo incarico a 150 Km da casa, in un paesino di quattro case e un forno, bambini in classe da “uscire pazzi”, silenzio e noia, stormire di ulivi e canto di cicale. La notte serve un gatto in camera, ci si potrebbe svegliare con la punta delle orecchie rosicchiate dai topi.

Intorno, facce bruciate dal sole, scavate di rughe profonde e dure come pietre.

Cosa lascia a casa Nena? Poco, vita da gente del popolo,una madre castrante e assillante come tutte, nella media, una sorellina che rompe perchè fa rumore quando aspira il brodo, niente più padre, e dunque tocca lavorare e darsi da fare.

C’è però un dolore, che cresce fino a scoppiare.

Nella villa della buona borghesia locale, bella biblioteca colma di vecchi libri, ampie poltrone di pelle e il tè coi pasticcini alle 5, quando arriva la bella cugina da Roma con gli occhialetti alla Peggy Guggenheim, soggiorna dall’anziana zia per vacanze ricostituenti il bel Francesco, estenuato ed emofiliaco (lo capiremo alla fine, all’inizio lo vediamo con gli occhi innamorati di Nena).

Tra il Salento d’estate, Napoli e Roma dove c’è anche uno zio cardinale il resto dell’anno, si consuma la vita molto prevedibile di certi rampolli del sud e Francesco per Nena, ragazza di paese, è la luce, la verità e la vita.

Nena però deve lavorare, aspettare il trasferimento e sopravvivere, da sola, è un film fatto di lettere che arrivano, fogli bianchi e fruscianti che si aprono davanti a questa giovane donna e le portano notizie per cui uno si metterebbe a urlare, rompere ciò che trova… ma Nena decide di sopravvivere, né la regista ne fa un’eroina disperata.

E’ un Sud dove non scoppia la violenza, non si ammazza la gente per un delitto d’onore, non si violenta nessuno, non si è buoni o cattivi.

E’ un sud amaro e bello, dove vivere è difficile per tanta gente e per la donna ancora di più, eppure si resta, e i colori, i suoni, il pane cotto al forno del paese e i ritmi secolari della vita sono radici che non si strappano.

Nena scopre sè stessa, un breve sorriso, poche parole, il dialogo è ridotto all’essenziale ma quel che basta per sentirlo autentico, con la loro cadenza dialettale, in bocca a uomini e donne presi dalla strada, l’unica attrice professionista è la Ragonese.

Un racconto di formazione, la storia è sobria, suggerisce non racconta.

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Il primo incarico

Italia, 2010, durata 90’

regia di Giorgia Cecere

con Isabella Ragonese, Francesco Chiarello, Alberto Boll, Miriana Protopapa, Rita Schirinzi

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