Un giorno della vita di Giuseppe Papasso

Salvatore è un ragazzino di 12 anni con una passione divorante e colpevole per il cinema, la condivide con due amichetti e appena possono fanno 5 km in bici per correre di nascosto nel paese vicino dove danno l’ultimo di Maciste.

I soldi del biglietto sono sempre un problema, la madre (una Cucinotta senza infamia e senza lode, ma almeno senza trucco) borbotta, ce ne sono pochi nel ’64 in Basilicata, e se il padre se ne accorge sono guai!

L’uomo è un contadino di provata fede comunista, nella locale sezione si fanno discorsi edificanti sul sol dell’avvenire, e mettere 5000 lire nella raccolta organizzata per inviare una delegazione di militanti ai funerali di Togliatti è cosa buona e giusta.

Salvatore è lì che segue col suo faccione rotondo che spunta dal tavolo, il padre gli consegna fiero la tessera del partito, ma lui pensa solo a quel proiettore 16mm di seconda mano in vendita e al suo sogno proibito che sta per avverarsi: un cinema parrocchiale in paese.

Il piano è machiavellico, rubare i soldi jela sede del partito nottetempo e appoggiare il proiettore dal parroco che fornirà i film, curando la vendita dei biglietti in sacrestia e dispensando pure le vecchiette dalla recita domenicale del rosario, bisogna fare il pieno in sala.

Naturalmente Salvatore e gli altri dovranno tesserarsi all’Azione Cattolica e andare a messa la domenica, poco male, la doppia tessera non è un problema e il fine giustifica i mezzi.

Naturalmente le cose s’ingarbugliano e chi paga è Salvatore, il padre ne fa una “questione morale”.

Questa è la storia di un piccolo pioniere di un mondo perduto e di un’Italia molto diversa, e la racconta lui stesso, Salvatore, al giornalista scrittore (Alessandro Haber) che è andato a trovarlo in riformatorio dove è rinchiuso da mesi per punizione dal padre.

L’inchiesta che sta svolgendo sulle carceri minorili l’ha portato fino a lui, la scarsa ortodossia del caso e la durezza della pena l’hanno incuriosito e ne nascerà un dossier dal titolo “Un giorno della vita”.

E’ una storia semplice, quest’opera prima di Papasso, costruita con poche pennellate e pochi mezzi, ha molto alle spalle, da Truffaut a Tornatore, i ragazzi presi dalla strada e la location a Melfi e dintorni ricordano Salvatores, la macchietta del parroco che scambia battute al vetriolo con i “compagni” al bar in piazza fa pensare a Guareschi, eppure ha una sua originalità, una fisionomia garbata e attenta al dettaglio e coglie aspetti del costume con ironica leggerezza.

Totò, Charlot o Maciste non fanno differenza per questi piccoli cinefili in erba chiusi nelle sale fumose dai sedili di legno, dove una volta si entrava anche a metà film e si restava pure per due proiezioni e anche più.

Peccato che proprio quell’anno il “compagno Ercoli” se ne sia andato e alla interminabile sfilata di bandiere rosse siano mancate proprio quelle della sezione del paese!

Imperdonabile! Riformatorio duro a chi preferisce il cinema.

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Un giorno della vita

Italia, 2010, durata 87’

regia di Giuseppe Papasso

con Maria Grazia Cucinotta, Alessandro Haber, Ernesto Mahieux, Domenico Fortunato, Mia Benedetta, Matteo Basso, Amedeo Angelone, Daniele Russo, Pascal Zullino, Francesca D’Amico

 

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