Il Cine-occhio di JORIS IVENS- Regen (Pioggia)

Regen – Pioggia

 

L’acqua è simbolo del tempo e quello che trovo interessante è la diversità della misura del tempo per la natura e gli esseri umani. La natura non si modifica praticamente mai nell’arco della vita di un uomo, ha misure temporali completamente diverse. Se vogliamo cercare di capire cosa è la vita dobbiamo ricordarci di questi due diversi ordini di misura. L’uomo privato del rapporto con la natura non sa affatto cosa sia la vita

Edgar Reitz

Frammenti di luce nell’acqua, case dai tetti aguzzi, un’imbarcazione scivola nel canale, strade di Amsterdam, un carretto della frutta, gioco di luci, ombre sul selciato, c’è il sole, una finestra si chiude per un colpo di vento, facciate ridenti di finestre ordinate si allineano.

Cielo, nuvole sempre più nere stringono un aereo in volo, il vento si alza, la biancheria stesa svolazza, c’è battaglia tra nuvole nere e spazi di luce, uno stormo di uccelli in fuga, le prime gocce nel canale, piccoli cerchi concentrici, si allargano, più veloci.

Le case si specchiano nel selciato lucido, gli alberi nel canale, il cielo è di un grigio uniforme

Un passante apre la mano, la tende, sente le prime gocce, guarda il cielo con gesto consueto, tira su il bavero, prevede e si affretta, un ombrello si apre e una finestra di mansarda si chiude, un uccello bianco svolazza sull’acqua, ha le ali arruffate, non sa decidersi.

Pozzanghere sui bordi della strada, la vita si riflette a rovescio, le ruote lasciano lunghe strisce sull’asfalto, ombrelli neri, uno, due, una fila, la piazza gremita di ombrelli neri, uguali, lucidi, una bicicletta corre capovolta in una pozza d’acqua.

Qualche ombrello si chiude, passeggeri salgono sul tram, le gocce scorrono a righe sui finestrini, getti d’acqua schiumosa dai canali di scolo, grondaie sgocciolano allineando gocce, le strade si svuotano.

Lame di luce nel cielo, la pioggia rallenta, smette, l’acqua nelle pozzanghere ora è ferma.

Quindici minuti per un racconto visivo, dal sole alla pioggia e di nuovo al sole, un’avventura dello sguardo che trasmette al pensiero il suo ritmo e il suo umore, ne segna la gradazione e il tempo, un cine-poema di percezioni tattili, eppure solo apparentemente naturalistiche.

Joris Ivens e Mannus Franken girarono riprese per due anni, la pioggia di quindici minuti è la sintesi di tanti rovesci in tutti i punti della città, una costruzione dell’occhio che crea una realtà nuova, altra, non distinguibile da quella naturale.

Joris Ivens strizza da lontano il suo cine-occhio al compagno sovietico Dziga Vertov (“Io sono un occhio. Un occhio meccanico e sono in costante movimento!” ) che gira nello stesso anno, siamo nel ’29, L’uomo con la macchina da presa, la giornata di un cineoperatore per le strade di Mosca.

L’occhio guarda attraverso l’obiettivo e inventa una nuova realtà da osservare, lo spettatore ne conosce l’artificio ma l’accetta come vera.

Il commento sonoro di Lou Lichtveld, aggiunto tre anni più tardi, si affianca all’immagine, il suono e la forma dell’acqua in uno spazio urbano diventano occasione per la creazione di uno spazio acustico e visivo globale, l’occhio vi s’immerge, fa la sua esperienza percettiva, ne esce col suo ricordo prevalente, nel gioco della visione sempre mutevole.

Chère imagination, ce que j’aime surtout en toi c’est que tu ne pardonnes pas.”(André Breton)

Paesi Bassi, 1929, durata 15’

di Joris Ivens e Mannus Franken

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Le immagini presenti nell’articolo appartengono ai rispettivi proprietari e sono utilizzate al solo scopo di corredare il testo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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