Il demone in pieno giorno di Oshima Nagisa

Dopo gli anni di forzata quarantena seguiti alla fuoriuscita dalla Shöchiku, Oshima torna al cinema con tutta la forza della sua creatività e indipendenza intellettuale in un film che trae spunto da un fatto di cronaca nera, e lo intitola con l’epiteto usato dai cronisti, all’epoca, per indicare il serial killer, Oyamada Eisuke, assassino di 35 donne uccise in pieno giorno e violentate post mortem.

Stavolta Oshima cambia registro, il film non è corale come i primi tre, ruota intorno a quattro personaggi, intorno a loro c’è una realtà sociale che si avverte ma è come sfocata, lasciata come quinta di fondo a dar rilievo al primo piano dei protagonisti.

Simmetrica è la distribuzione degli ambienti, tra città e campagna, il villaggio agricolo che è il centro della narrazione, case povere, vegetazione lussureggiante, torrente gonfio, rumoroso, e Osaka, sferragliante di traffico, l’interno asettico di un treno, la città che scorre dietro i finestrini in corsa, l’interno di un autobus pieno di scolari tutti uguali, in fila e canterini in gita scolastica.

Contrasti continui, nelle immagini e nel dipanarsi o avvitarsi su sé stessa della storia, in una struttura narrativa complessa, sia per la cronologia non lineare del racconto, che procede per continui flashback o fast forward, sia per la lettura in chiave sociale e psicanalitica dei personaggi, figure-tipo di categorie umane ben definite ma anche creazioni artisticamente compiute in sé stesse.

Il film insiste sui dettagli, innumerevoli quelli sugli occhi e parti del viso o del corpo, la camera stringe gli oggetti e le persone con primi piani decentrati e spiazzanti, un montaggio straordinario per forza di penetrazione del senso dà al ritmo accelerazioni improvvise e pause intense, momenti di tensione estrema si alternano a sequenze rallentate, uno scorrere per inerzia, quasi fatalistico degli eventi, è negato un attimo dopo da una virata improvvisa che dà una svolta decisiva e sposta in avanti il tempo del racconto.

Magistrale è la capacità di Oshima di usare l’inquadratura per rivelare il personaggio, scoprirne le motivazioni profonde e, sotto la corteccia del gesto consueto, quotidiano, scoprire pulsioni inespresse e devastanti.

Sono già presenti in questo film i segni di quel linguaggio filmico che toccherà vette insuperate nei capolavori successivi, la componente più marcatamente sociale e politica delle prime opere qui si arricchisce di uno sguardo lucido sulle profondità della psiche, ne emerge un racconto che è necessariamente decostruito e la realtà è filtrata dallo sguardo, si spezzetta come uno specchio in frammenti della memoria (lo specchio ricorre in due sequenze importanti, all’inizio e alla fine), subisce una decostruzione dove i confini dell’immaginato e del vero si confondono.

Il tema che sovrasta ogni altro elemento è il binomio Amore e Morte, i quattro personaggi ruotano intorno a questo asse portante, c’è una ritualità nei gesti che celebrano la morte come scelta complementare all’amore che imprime una forma di sacralità alle scene e la scelta di partire da un fatto di cronaca estremo, particolarmente ripugnante, è coerente con un cinema che sceglie ogni volta di porsi al limite e da lì ripartire per un discorso sull’uomo.

Il demone in pieno giorno è un film di cui ogni fotogramma va scandagliato, fotografia, sonoro, dialogo, montaggio sono la tavolozza del pittore, lo spartito del musicista, le immagini del poeta, nulla può essere considerato accessorio, momento di transizione, forse si possono individuare alcuni momenti centrali fra altri ugualmente intensi, come la scena sul torrente di Eisuke e Shino, con la macchina a pelo d’acqua e l’emergere delle ragioni profonde dei delitti di Eisuke:

“Eri morta, non potevo dichiararti il mio amore … ti ho fatto sentire il piacere … con i cadaveri si può fare tutto … quando si muore non si è più esseri umani … si diventa come degli oggetti … che problema c’è se tocco un cadavere e lo faccio a pezzi?… e il primo piano immediatamente successivo del suo volto impietrito e disperato.

Matsuko in primo piano nella scena successiva è ripresa su uno sfondo luminoso, mentre Shino di fronte a lei è in ombra.

Shino è l’Amor Profano, la carnalità, la sensualità che travolge, l’innocenza che pure perverte, e Genij si è ucciso per lei, Eisuke forse non avrebbe ucciso se avesse avuto il suo amore, Matsuko è l’Amore Sacro, la donna dallo sguardo triste e calmo, che parla di fratellanza, democrazia, guarda Shino, sua rivale, da una lontananza incolmabile e sarà lei a denunciare Eisuke, benchè sia suo marito e benchè lo ami.

Non si tratta di amore, si tratta di violenza carnale e omicidi, lui non è mio marito, è un diavolo, anzi peggio, un assassino, ci libereremo di lui”.

La razionalità deve comunque riprendere il suo corso, il dominio dell’ ordine essere ripristinato e le pulsioni represse ancora una volta, ma il “demone” in pieno giorno che la condanna a morte s’illude di aver eliminato non muore con Eisuke.

Unknown

Il demone in pieno giorno

titolo originale : Hakuchu no torima 

Giappone 1966 durata 100’

regia di Nagisa Oshima

con Hideo Kanze, Hideko Kawaguchi, Saeda Kawaguchi, Narumi Kayashima, Teruko Kishi, Hosei Komatsu, Akiko Koyama, Kei Sato, Ryoko Takahara, Taiji Tonoyama

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