Inquietudine di Manoel De Oliveira

Inquiétude, 1998, nasce dall’adattamento di tre racconti, Os Imortals di Prista Monteiro, Suzy di Antonio Patricio, Mae de Um Rio di Augustina Bessa-Luìs.

Un tema sonoro ironico e agile, la cadenza marziale del terzo movimento del Piano Concerto No. 2, Op. 18 di Rachmaninoff, apre il primo pezzo sulla vecchiaia, la vita e la morte, quindi De Oliveira batte una pausa e ci accorgiamo solo a quel punto di essere a teatro.

Mentre cala il sipario e il pubblico applaude, inizia la seconda storia, un adagio sostenuto, tema d’amore meditativo e romantico, la storia della “pauvre Suzy”, cocotte desiderata e infelice, figura centrale a cui il regista affida quel “ce n’est qu’un détail”, un refrain che spesso la donna ripete sul vivere e il morire, dettagli di cui aver cura, ma solo dettagli.

Un tango, noto “pensiero triste in forma di danza”, entra in scena esattamente al centro del film, lo balla con indubbia scioltezza lo stesso De Oliveira in un gran salone per ricchi gaudenti, quindi si passa alla terza piéce, la favola della bella Fisalina, fanciulla “incline al sogno e a tristezze inspiegabili”, che ebbe dalla Madre del Fiume il dono delle dita d’oro, perciò fu creduta strega dal suo villaggio di anime morte e chiusa tra le montagne.

La favola è raccontata dall’amico al triste amante della bella Suzy, morta in ospedale.

Un fil rouge ilare e arguto cuce le tre storie, intessute di grazia ed eleganza, leggerezza pensosa e gioia del raccontare, mentre si va divagando fra biblioteche polverose e raffinati salottini in boiserie fin de siècle, specchiere e console dorate, arazzi e 
quadri, toilettes anni ’30 per eleganti cocottes e pesanti abiti di lana grossa per gente di montagna, versi di Esiodo recitati in greco moderno (“con la pronuncia di oggi perché quella antica si è perduta” sussurra Irene Papas, la Mae de Um Rio, la Madre del Fiume profondo, alla piccola Fisalina) e romanze di moda cantate al piano.

Nulla ferma il trascorrere come trasognato da un quadro all’altro. Incurante di dare esattezza cronologica al racconto e sviluppo narrativo compiuto, De Oliveira sembra piuttosto dar forma cinematografica ai pensieri di Bernardo Soares, semieteronimo di Fernando Pessoa, evaporanti dal Libro dell’inquietudine:

Non prendendo niente sul serio, e considerando che non ci è data per certa altra realtà che non le nostre sensazioni, ci rifugiamo in esse, e le esploriamo come grandi paesi sconosciuti. E, se ci impegniamo con costanza, non solo nella contemplazione estetica ma anche nell’espressione dei suoi modi e risultati, è perchè la prosa o il verso che scriviamo, privi del proposito di voler influenzare gli altrui intenti o smuovere l’altrui volontà, sono solo come un puro atto di lettura ad alta voce, che si fa per dare piena oggettività al piacere soggettivo della lettura. Sappiamo bene che ogni opera è necessariamente imperfetta, e che la meno sicura delle nostre contemplazioni estetiche sarà quella di cui scriviamo.

Ma tutto è imperfetto, non c’è tramonto così bello da non poterlo essere di più, o brezza lieve che invita al sonno che non possa favorire un sonno ancora più sereno.

E così, uguali contemplatori delle montagne e delle statue, godendo dei giorni come dei libri, sognando tutto, soprattutto, per trasformarlo nella nostra intima sostanza, procederemo anche a descrizioni e analisi, che, una volta fatte, diventeranno cose estranee, che possiamo assaporare come se ci giungessero sul far della sera.”[1]

Mentre le immagini scorrono De Oliveira ci invita a goderne, senza troppo preocuparci di simboli e messaggi, “ce n’est qu’un détail”, l’arte ci svela il mistero del mondo, può essere un pozzo spaventoso o un miracolo di bellezza, non ci chiede di capirlo.

E’ nel silenzio della morte che nasce in noi il senso del mistero, è di questo enigma che ci parla la Madre del fiume profondo

_________________________________

Sinossi

Os Imortals

Un padre molto vecchio (José Pinto) e il figlio di età avanzata (Luis Miguel Cintra).

Interno giorno, biblioteca di casa.

Il padre vuol donare l’immortalità al figlio convincendolo della necessità di uccidersi, solo così eviterà i disastri della vecchiaia, quando si diventa la metà di ciò che si è stati, e la bocca si storce, un occhio di chiude, ci si piscia addosso.

Màtate!” gli urla puntandogli contro il bastone, mentre il figlio lo guarda perplesso e paziente, non ha nessuna intenzione di seguire il consiglio del padre usando l’ampolla di cianuro, è molto soddisfatto della sua vita, del successo, dei titoli accademici, dell’amore della dolce Marta (Isabel Ruth), che danzerà per loro in un breve siparietto en plein air, mentre fanno un picnic sull’erba da cui sembra stia per spuntare Manet da un momento all’altro.

Sempre più incollerito e nevrastenico, convinto fino in fondo che solo la morte possa salvare il figlio, tornati a casa il terribile vecchio, con un gran colpo di genio, troverà un modo del tutto stralunato, da teatro dell’assurdo, per realizzare il suo piano.

Applausi, il sipario cala sugli attori che ringraziano e la macchina si gira verso il pubblico.

_________________________________

Suzy

 

Un grande teatro di tradizione, ori, stucchi, velluti rossi e bella gente nei palchetti. Due giovanotti della bella società e dai mezzi cospicui applaudono e commentano leggeri la piéce appena rappresentata:

Dunque, abbiamo appena visto che la morte dona l’eternità!- dice uno

E’ vero, e le donne ci donano la vita… – risponde l’altro

Binocolini puntati sul palchetto di fronte, due eleganti cocottes, Gaby (Rita Blanco) e Suzy (Leonor Silveira) si stanno guardando intorno sorridendo civettuole. Ben presto faranno compagnia ai due amici, ma la superficialità frivola dei loro rapporti viene subito alterata dall’amore che il più romantico dei due, Him (Diogo Doria) prova per Suzy, la mantenuta del Conte.

La gelosia s’impadronisce di lui e l’amico (Alexandre Melo) ironizza, mentre in quadri di raffinata eleganza scivolano i discorsi dei due amici e dei due amanti, cascami filosofici e ragionamenti d’amore, poesia in forma di prosa e accordi di pianoforte in sottofondo.

Saudade è l’aria che si respira, l’assenza, la malinconia, il ricordo che non appaga, l’amore che non dà felicità né immortalità, e “pauvre Suzy” è l’epiteto formulare di Him nel parlare di lei e con lei.

Della sua morte, in un anonimo ospedale, sappiamo dalla lettera che lui le sta scrivendo, mentre rivive i ricordi:

Gli occhi dei morti riflettono ancora … se potessi prenderli con dolcezza e far loro vedere ancora l’acqua che scorre e il sole … io ricordo … io ricordo …

Dalla finestra che guarda sulle case di Porto arriva il suono delle campane del Vespro, mentre entra in scena l’amico, solo in apparenza giocoso e un po’ fatuo.

Sarà lui a dirigere la suite finale con la favola della Madre del fiume, conte philophique per chi, come Him, si ostina a credere nell’eternità delle cose umane.

Suzy ha vissuto la Comédie Humaine, tutta intera! Perciò non puoi dire “pauvre Suzy!”

Hai mai sentito la favola della Madre del fiume?

No, che rapporto ha con Suzy?

Ne ha e non ne ha. La vita è un mistero. Là, in fondo, tutto si lega.

C’est un détail… dice Him con amarezza

Tu sei uno scrittore, per te un dettaglio può essere significativo quanto la vita per gli altri

E’ una storia avvenuta in un remoto villaggio… inizia a raccontare l’amico…

_________________________________

Mae de Um Rio 

Nell’antichità si diceva che la terra era piatta e che un fiume correva sulla sua superficie.

Non c’erano uccelli né piante, l’acqua evaporava nell’aria come una nebbia color del ferro… non c’era grano né mano dell’uomo, né sonno né dolore, che fu il secondo grido della creazione.

Benchè i campi fossero deserti e il sole freddo il tempo era presente e ci riempiva di saggezza e di forza.La sola solitudine è quella che non ha passato. La Madre del fiume non aveva niente di straordinario…

… continua il racconto che ci trasporta all’altro capo del mondo, lasciamo la Storia ed entriamo del mito, la Madre del fiume ha più di mille anni ed è sempre sveglia, ha le dita d’oro e lunghi capelli neri.

Comincia qui la storia della bella Fisalina (Leonor Baldaque) che voleva fuggire dal suo villaggio di pietra e morti viventi, di capre e giorni vuoti.

Non vuole l’amore del giovane pastore (Ricardo Trepa), non la riempie, solo la Madre del fiume profondo ha dato la risposta alla sua tristezza e le ha regalato le sue dita d’oro.

Quelle dita ora sono il suo rifugio e il suo segreto, il loro lampo secco quando le scopre, la linea perfetta delle unghie arrotondate la sua felicità.

Ora non ha più l’impulso di fuggire, non raggiunge più l’innamorato, ora sta bene.

Ma ora dovrà anche fuggire nelle acque profonde, inseguita come strega dalle donne del villaggio.

Sarà lei la nuova Madre del fiume.

… i guardiani dello spirito umano devono essere sostituiti, le acque della saggezza devono essere abitate da nuovi maestri.

Fisalina imprudente e predestinata, ora dovrà abitare nelle acque profonde e aspettare mille anni prima che qualcuno venga a prendere il suo destino

Pauvre Fisalina, sussurra triste Him, pauvre Suzy …

Fuori si è fatto buio, sopra le case di Porto brillano le stelle e al piano qualcuno accenna brevi accordi.

___________________________

[1] Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine, da Introduzione di Bernardo Soares, traduzione di Piero Ceccucci e Orietta Abbati, Newton Compton editori, 2006

___________________________

Inquietudine

titolo originale: Inquiétude 

Portogallo/Francia/Spagna/Svizzera, 1998 durata 110’

regia di Manoel de Oliveira

con Leonor Silveira, José Pinto, Irene Papas, Luis Miguel Cintra

 

_______________________

Le immagini presenti nell’articolo appartengono ai rispettivi proprietari e sono utilizzate al solo scopo di corredare il testo.