Non rimpiango la mia giovinezza di Kurosawa Akira

Una vita che si possa ricordare senza rimpianto” sono le parole di Noge, giovane intellettuale impegnato nella dissidenza contro il regime militarista in Giappone fra le due guerre, a Yukie, la donna amata che per lui compirà un percorso di autocoscienza tale da trasformarla radicalmente da piccola borghese, frivola e capricciosa, a donna matura, coraggiosa e consapevole.

Kurosawa ci parla qui di un pezzo di storia del Giappone particolarmente traumatico e da poco alle sue spalle, e parte da una storia privata, che si snoda nell’arco di dieci anni a partire dal ’33, quella della famiglia del professor Yagihara (nella realtà storica Takikawa) dell’Università di Kyoto, liberale rimosso dall’incarico per le sue idee, dei suoi allievi e dei loro incontri, delle gite spensierate sui colli, dell’amore della figlia Yukie per uno di loro, Noge (al secolo Ozaki), infine del sacrificio del giovane idealista finito nelle mani dei servizi segreti e della sua eredità che lei raccoglie, scegliendo di vivere con i vecchi e poveri genitori del marito nelle risaie.

Bisognava evitare di cadere nell’ideologia e nel documentarismo e la trama sottile del film, con i suoi piani narrativi alternati, ottiene lo scopo con abili intersezioni che, mentre costruiscono l’intreccio della vicenda privata dei due protagonisti, la proiettano sullo sfondo di una nazione alle prese con il bilancio del proprio passato.

La didascalia d’apertura ricorda infatti la necessità di “riproporre il destino di quelle persone oneste e coraggiose vissute negli anni bui”

La storia recente è la colonna portante del film che ha una forte valenza politica, ne determina gli esiti drammatici, ma quello che rimane costantemente in primo piano è lo scavo nelle pieghe profonde di uomini e donne che vivono nella storia e interagiscono con essa, riuscendo a volte a passare da vittime ad artefici di libertà.

E’ quello che farà Yukie (Setsuko Hara, in seguito attrice prediletta da Ozu) unica “eroina” protagonista nel mondo “virile” di Kurosawa.

Di lei si colgono tutte le sfumature di un sentimento che cresce, i suoi trasalimenti, la determinazione nelle scelte.

L’amore sembra costantemente interrotto, rimandato, fin dal giorno della spensierata corsa tra i campi, quando la frivola figlia del professore si fa inseguire dai due corteggiatori, Noge e Itokawa, in una sequenza di travolgente dinamismo, tra panoramiche e primi piani del profilo dei tre in fluida sovrapposizione .

L’impegno politico di Noge e la provenienza borghese di Yukie sembrano determinati a tenerli lontani, trascorrono anni, Yukie fa il primo passo verso la libertà lasciando la famiglia protettiva e andando a vivere a Tokio dove ritroverà Noge. Sa però che la libertà ha spesso costi molto alti, è quello che il padre le ha detto prima che partisse.

La metamorfosi di Yukie è un lento percorso di avvicinamento a Noge, e i passaggi graduali sono appena suggeriti, Kurosawa ritma cadenze di realismo psicologico che scavano nell’intimo senza esibire, discreto nel mettere in scena le emozioni, rivela però tutta la profondità di un sentimento che diventa anche crescita personale della protagonista.

La terza parte del film sostituisce all’espressionismo della prima e al taglio psicologico della seconda sequenze documentarie scarne, di neorealismo particolarmente crudo nelle risaie, dove Yukie lavora fino a massacrarsi con la madre di Noge, circondata dallo scherno e dal rifiuto del paese.

Con cenni brevissimi e graffianti Kurosawa mette in scena l’odio, il pregiudizio, la sopraffazione. Il paese è preda dell’odio per “la famiglia della spia”, Noge, che è stato catturato e ucciso, la propaganda di regime sa come far presa sull’ignoranza e la miseria delle masse, perfino i bambini inseguono Yukie a frotte gridando “vattene”.

Anche lo stormire delle erbe alte lungo il fiume sembra ridere di lei che cade sotto la gerla pesante, ma il primo miracolo avviene lì, ed è un’altra donna, la madre di Noge, che corre ad aiutarla, lasciando la prigione di vergogna in cui si è chiusa col marito.

C’è forza e coraggio in queste donne di Kurosawa, silenziose figure che caricano sulle proprie spalle un mondo uscito dai cardini e forse lo salveranno.

Non rimpiango la mia giovinezza

titolo originale: Waga seishun ni kuinashi 

Giappone, 1946, durata 110’ b/n

regia di Kurosawa Akira

con Setsuko Hara, Susumu Fujita, Denjirô Ôkôchi, Haruko Sugimura

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