VISIONI DEL TEMPO 3

Voci nel tempo

Italia, 1996
di Franco Piavoli con attori non professionisti

Le voci riempiono lo spazio, le immagini scolpiscono il tempo.

Piavoli guarda i bambini giocare, i ragazzi crescere, gli adulti vivere.
Lui dipinge con la macchina da presa.
L’universo nella sfera di cristallo, il villaggio e il suo sabato, la siepe e il suo mare infinito.

La voce del paese
bambini, animali, ragazzi, ragazze… un gattino che spia

Il vagito di un bambino, la campana della chiesa.
Vociare di bambini che giocano. Un cagnetto saltella intorno abbaiando.
Un muggito da una stalla vicina, un carretto sull’acciottolato.

Un bambino fa scelte spietate, sul muro  ha disegnato le sagome colorate dei compagni:
Tu sì, tu no, tu giochi, tu proprio no, no, no, no, tu…sss…i

Un’altalena cigola, le filastrocche della nonna scorrono:
Palla pallina/ dove sei stata/ dalla nonnina/ cosa t’ha dato…

Ragazzi rincorrono urlando un pallone.


Bambini giocano a nascondino, alla campana, giochi in via di estinzione, patrimonio comune dell’umanità custodito in aree protette.

Un contrappunto di muggiti e belati arriva dalla stalla, in controluce il pulviscolo d’oro avvolge il profilo della bambina.
Nel cortile della scuola bambini corrono, gridano, mani grassocce si tendono verso una foglia che vola, o una farfalla, o nulla.
Uno finisce in punizione. Dietro la porta chiusa piange, grida Apri”.
Brutta cosa.

Un funerale, i giochi si fermano.
Una testa si gira di scatto, guarda i ragazzi che corrono al fiume.

Le voci nella natura
Il fiume, gli uccelli, le piante del bosco, un canto di chiesa, il silenzio della sera.

Il Mincio dall’acqua dorata.
Un tunnel di rami di pesco, un campanile sopra una nuvola rosa.
Dal chiostro l’eco di un coro a cappella.
I ragazzi ascoltano muti nel cono d’ombra della navata.

La sera arriva in silenzio, strisce di nuvole grigie spengono il rosa di chiome ammassate giù a valle che sembrano greggi.

Nell’acqua ferma del fiume le ombre si accendono di luci alle finestre.

La voce della festa
La festa dei giovani
Il fiume scorre lento, la gente esce in strada, la campana chiama.
Motorini, vociare di bimbi, un notiziario alla radio.

Le ragazze si fanno belle, i ragazzi girano intorno con le moto, danze di corteggiamento su due ruote e un casco in testa.
E’ il tempo della scoperta.
Un ragazzo triste guarda dalla sua carrozzella sotto il portico.

Risate, occhi che brillano, “ci vediamo giovedì?”, una sigaretta accesa.

Due anziani guardano, arcigni.
Una vecchina sorride.
Salsa e merengue sul prato fuori le mura, minigonne svolazzano.
La più bella fra le belle sculetta felice, due ragazzi la guardano estatici, uno commenta all’orecchio dell’altro.


Una ragazza ha un problema, forse è incinta. Il ragazzo l’abbraccia.

Estoy enamorando… la faccia romantica del ritmo latino-americano.
Nuovi amori, nuovi tremori, e la festa va via così…

La sera scende e la luna è sempre lì, silenziosa e tonda, a specchiarsi nel fiume.
Coppiette sedute sull’erba la guardano.

La festa degli adulti
Soprattutto cicale. La regina comincia e il coro aumenta e canta impazzito fino al tramonto, accecato dal sole.
La nuca rugosa di un contadino che guarda le stoppie riarse.
Un matrimonio.
Sul sagrato della chiesa si sta in gruppo per la foto.
Il pranzo, gli auguri, gli applausi, i canti.
E la fisarmonica.
Qualche coppia attempata balla nella luce dorata del pomeriggio.
Gli altri guardano, sorridono, pensano.
Soffia una malinconia leggera e pian piano scende ancora la sera.
La luna è una falce sottile.

In paese si sta seduti davanti alle porte, ci si racconta mentre l’orologio batte l’ora e la luce dei fanali è fioca.
Voce di grilli in lontananza.

La voce della sera
La voce del televisore

E’ in alto, sulla mensola, nel bar.
Voci di un thriller, un uomo guarda, in piedi:
“…era morto per asfissia, forse provocato dal solito cuscino premuto sulla faccia…”

(aria, aria, si scappa fuori nella notte blu…)

Una sirena lontana, l’autoambulanza.
Torna il thriller, l’uomo del bar si è seduto col suo bicchiere vuoto sul tavolo.

Interno notte: un uomo in canottiera bianca seduto a tavola mangia con la testa dentro una fettona d’anguria. Non l’alza fino alla fine, ma ascolta.
Di fronte a lui, dal televisore, arriva la voce di uno sceneggiato (o film) drammatico.
Il bicchiere di vino rosso è mezzo pieno (o mezzo vuoto).
Dal riquadro rettangolare della finestra, blu su nero intenso, lo spicchio di luna fa l’occhiolino sornione.

La voce del lavoro
E torna la voce del giorno, la festa è finita, l’estate è passata.
Si parte in macchina, si va al lavoro in città, una mamma saluta dal portone e guarda il figlio sparire.


Bianca, rossa, blu, metallizzata, le macchine passano tutte sotto quell’arco di pietra.
Le rughe in primo piano sul bel viso assorto di lei, il fischio del treno che sfreccia  a 200 e il grande campo del cielo con un volo di aereo rombante.
Nel tempo, voci del tempo.

I ragazzi rincorrono ancora il pallone, i vecchi al sole in piazza s’incantano ai gorgheggi del soprano che prova Ebben ne andrò lontano da La Vally.
I pioppi vibrano leggeri e argentati, stormi di corvi lasciano gracchiando il campanile.
Torna il carretto, smuove un fruscio di foglie secche sul selciato.
E’ autunno, in paese restano i vecchi con la loro fatica su per le scale, le gocce sul comodino e una vespa che sbatte contro il vetro.
La pioggia e il suo rumore, un cavallo dal muso arguto la guarda scrosciare.
Una pendola, ticchettio discreto, il musetto di un gatto e una foto ingiallita di donna.
L’acqua del fiume è bruna, l’oro si è depositato sul fondo.
Presto arriva la neve, torna l’allegria bambina e la campana si sveglia.


Una tela di Brueghel si anima, il Canon di Pachelbel riempie la tela.

Voci nel tempo

Per le case fatte di pietre murate, che percorsi bambino, schiamazzano oggi ragazzi sconosciuti, che con quelli del mio tempo hanno soltanto una lontana somiglianza di nipoti sgarbati ed ostili : ma nei sentieri dei boschi, lungo i quali non cambian gli stili delle architetture, ritrovo presenti come se li avessi lasciati ieri, ignari che nel frattempo diecine e diecine di volte le foglie siano cadute, i giovani amici di allora.” P.Calamandrei

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