Womb di Benedek Fliegauf

Rompere tabù, infrangere regole sociali in nome dell’amore, parlare di cloni come esseri umani dotati di volontà, sentimenti, fragilità e forza è quello che fa Benedek Fliegauf con un film che “è più di una favola e certo non può essere classificato come fantascienza”.
E’ un mito che torna e convive con gli uomini e la scienza dei tempi nuovi, è il potere universale dell’amore testato su un clone.
Una pre-condizione era fondamentale,essere convinti che i cloni nel grembo “non sono riproduzioni artificiali, ma esseri umani come noi, vita pura”, afferma il regista aprendo sul primo piano di una dolcissima Rebecca (Eva Green) che parla al suo grembo gravido:

E’ finita, io ti parlerò sempre, non importa se tu non dirai niente. Solo perché sei andato via non significa che tu non sei qui. Forse quello di cui avevo bisogno era questo dono, quello che mi hai dato alla fine.”

Le mani lo accarezzano, tra poco nascerà di nuovo Tommy, un amore infantile divenuto adulto e strappato troppo presto alla vita da un tragico incidente.
La clonazione in cambio della lira di Orfeo, il “Dipartimento di replicazione genetica” al posto di Ade e Persefone, signori degl’Inferi, la catabasi di Rebecca verso l’Ade, il ritorno con l’essere amato e la stessa sfida di Orfeo ai tradizionali topoi consolatori (la morte va accettata in quanto, prima o poi, dovrà venire)

He could be here with us again.
Life has given us this opportunity…

Rifiutare il potere della morte, sfidare le sue leggi ineluttabili.
Benedek Fliegauf ha dichiarato di essersi ispirato al mito di Orfeo cantato da Ovidio:

Ritessete il filo prematuramente spezzato della vita di Euridice

Raffinata fonte di ispirazione per un mito eterno, che in Ovidio si scrolla del pathos esasperato da cui è sempre avvolto. C’è “un non so che di triste” nella vicenda dei due amanti, una volta riuniti si scambiano solo occhiate, mai parole.

Why did you do it?
Why did you do this thing?

E’ la domanda di Tommy, tremenda, alla madre/sposa.

I don’t know who you are. Or who I am.”

Chi sono io? E chi sei tu?

What more could you want? You’re here.”

Tu sei qui, cosa vuoi sapere di più?

Valicare l’abisso che separa il mondo dei vivi da quello dei morti è il mito dei miti, ha radici lontane, in pratiche sciamaniche associate alla musica e agli effetti estatici da essa prodotte.
La magia della musica diventa, con Orfeo, la magia dell’amore. Dunque l’amore come potere di trionfo sulla morte, la discesa fra i morti come apportatrice di nuova vita, ma anche di una conoscenza più profonda della condizione umana.

“…Non c’è montagna, non c’è dio, c’è
il ricordo
della mia vita spezzata, di me squarciata nel sonno,
il bambino tratto in salvo
accanto a me fra i dottori, una parola
di salvezza nei grandi occhi… ”

Muriel Rukeyser, Orpheus, 1951

Muriel Rukeyser elabora il motivo della rigenerazione oltre la morte identificando se stessa con Orfeo nel travaglio del parto. Dalle montagne mitiche della Tracia alla sua stanza d’ospedale, la sua identità di donna si ricompone nell’esperienza del dare la vita: la donna che dà alla luce un figlio, il poeta che dà forma alla sua arte.

Rebecca darà alla luce Tommy, nel mistero del parto è la sintesi perfetta di morte e vita, a lei dunque il compito di celebrare il trionfo dell’una sull’altra.

“We accept what life gives us. And also what it takes away.”

La vita ha dato a Tommy e Rebecca un viaggio d’amore. Si sono ritrovati dopo dodici anni, ormai adulti, e il loro dialogo è ripreso da dove era stato interrotto:

“Com’era Tokyo?”
“Al 72esimo piano!”

E’ un amore già oltre ogni confine, non sarà certo la morte ad arrestarlo.
Ma è possibile vivere in un eterno presente? Possono le mappe genetiche conservare tracce del passato senza vivere i condizionamenti del nuovo presente? Quali risposte troverà Tommy (un convincente Matt Smih al suo primo lungometraggio) quando uscirà dal tempo mitico dell’infanzia vissuta in simbiosi con Rebecca e diventerà uomo in questa seconda vita?
Fluttuante nell’acqua del Mar del Nord, sulla costa vicino a Sankt Peter-Ording, come in un liquido amniotico, disteso sulle spiagge piatte e infinite di sabbia d’argento dell’isola di Sylt, l’amore di Rebecca e Tommy si restringe progressivamente negli spazi angusti della palafitta in cui Rebecca resterà sola.
Una luce si accende alla finestra, un luogo spettrale e senza tempo si riscalda in una eterna attesa:

Solo perché sei andato via non significa che tu non sei qui.

Womb

Germania/ Ungheria/ Francia 2010 durata 107’

di Benedek Fliegauf

con Eva Green, Matt Smith, Lesley Manville, Peter Wight, István Lénárt, Hannah Murray, Ruby O. Fee, Tristan Christopher, Jesse Hoffmann, Natalia Tena

 

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