Lama tagliente di Billy Bob Thornton

Karl Childers ha scontato una pena detentiva di 25 anni in un manicomio criminale per aver ucciso la madre e il suo amante quando aveva 12 anni.

Il montaggio alternato ce lo mostra all’inizio seduto immobile, di profilo, sguardo fisso alla finestra, non sembra avere reazioni mentre un collega, con leggerezza vanesia e capacità affabulatoria agghiacciante, gli racconta episodi delle sue imprese di serial killer a sfondo sessuale.

Intanto il custode, personaggio di sorprendente affabilità umana in un posto del genere, sta organizzando l’ intervista a Karl di una giovane giornalista, il rilascio imminente di un criminale da un manicomio suscita comprensibile interesse nell’opinione pubblica.

Servono precauzioni per l’incontro, luci soffuse, non far domande, non guardarlo fisso (a questo punto tutti ci aspettiamo Hannibal, come minimo).

Tutto collabora a creare attesa preoccupata, un sospetto di leggerezza dell’istituzione carceraria, forse non abbastanza sollecita della sicurezza pubblica e troppo incline al rispetto di articoli di legge sulla scadenza della detenzione che mal si conciliano, a volte, con il bisogno di tenere il ”diverso” sotto chiave a oltranza, pur di stare tutti tranquilli.

Una domanda, allora, la reporter in erba non riesce a trattenerla: “Ucciderà ancora?” (grande Thornton, sceneggiatore, regista e attore, gli è bastato questo per dici come la pensa del mondo della carta stampata!)

Non ho un motivo per uccidere nessuno”, risponde Karl, nessuna alterazione nel tono di voce, interrompendo quella specie di flusso di coscienza con cui racconta i fatti della sua vita, fin dalla nascita.

Karl parla del garage dove l’hanno buttato i genitori che non lo volevano per casa, dove la madre gli portava a volte da mangiare biscotti e mostarda e veniva a leggergli la Bibbia, e racconta di poca scuola (lo mettevano in mezzo, erano cattivi i compagni), e molto far niente guardando le pareti e, sì, giocherellando con il tagliaerba, quello con la lama tagliente che quel giorno usò per uccidere.

Ma fu un malinteso, guardando dalla zanzariera vide la madre nuda e Jeff sopra di lei, e quando la madre gli urlò: “Perché l’hai ucciso?”, capì che le era dispiaciuto che l’avesse ucciso, e così uccise anche lei.

Poche cose e poche parole ha imparato Karl nella vita, e quelle ripete, senza variazioni, con la mandibola serrata da evidente prognatismo, catatonico, c’è un ricordo forte di Change il giardiniere di Oltre il giardino in lui, ma in tutt’ altro contesto e con una nota dolente ben sottolineata dalle musiche originali di Daniel Lanois.

Karl è una presenza forte sulla scena, il suo silenzio ostinato, le poche parole seguite da una specie di grugnito fermano su di lui l’attenzione e si resta in attesa che accada qualcosa, ci sono strani deragliamenti nei legami logici, nei rapporti di causa/effetto.

Sling Blade è un film spiazzante, mette a nudo comportamenti sociali aberranti e li fa sembrare normali, ci fa sentire la violenza dov’è realmente e non lì dove diventa esplicita, come nell’omicidio finale.

Del mondo esterno dove è andato per una breve esperienza, per poi tornare dentro, al solito posto davanti alla finestra, col solito serial killer che imperversa con i suoi racconti e gli chiede com’è, Karl dirà: “E’ troppo grande”.

C’è un’America di frontiera fuori da quella finestra, e Karl ha attraversato questo piccolo/grande mondo col suo pacco di libri. Ora che ha imparato a leggere un po’ in carcere ha capito che quello è tutto ciò che ha e li ha portati con sé in giro nella sua breve avventura extra-moenia.

Li regalerà a Frank, quel ragazzino che gli è diventato amico, mettendoci dentro un segnalibro fatto da lui, e “You will be happy” ci ha scritto, il destino di Frank può essere diverso dal suo.

Intenso, delicato, spiazzante, energico, doloroso e misurato. Un film doc.

Lama tagliente

titolo originale:Sling Blade 

USA, 1995, durata 119’

regia di Billy Bob Thornton

con Billy Bob Thornton, Dwight Yoakam, J.T. Walsh, John Ritter