Sugata Sanshiro II di Kurosawa Akira

Girato su commissione per la Toho che voleva replicare il successo del film precedente e far cassa insistendo sulla popolarità del judoka, preso alle strette da una situazione economica non proprio florida (ha messo su famiglia), Kurosawa si adegua, ma lo fa con stile, evitando il rischio di ridurre Sanshiro ad eroe di un serial.

Dice infatti nella sua Autobiografia:“Pare che i produttori di film d’intrattenimento non abbiano mai sentito il proverbio del pesce e del salice lungo il fiume: il fatto che una volta tu abbia preso un pesce all’amo in quel punto non significa che lo ripescherai sempre.Quella gente continua a rifare i film che hanno avuto successo in passato. Non cercano di sognare nuovi sogni, vogliono solo rifare i vecchi”.

Carica allora il campione di una bella vis comica e tratta con ironia tutta la vicenda facendolo combattere con un boxeur americano, tale Lister. All’ambasciata sono venuti a conoscenza delle prodezze di Sanshiro, vogliono fare il bis dello spettacolo offerto dalla misera sconfitta appena inflitta dal loro boxeur al campione di Ju-Jitsu, ma stavolta non sanno con chi hanno a che fare.

Lo judoka mette in scena un duello travolgente, tiene tutti in sospeso dominando la scena fino al volo finale del boxeur fuori dal ring. I dollari degli yankees non interessano al nostro che se ne va rifiutandoli. Si è divertito e tanto basta.

Notevole il duello finale (per il resto il film scorre senza emozioni, fra citazioni dal primo Sanshiro e qualche doveroso tributo nazionalista di Kurosawa a chi l’aveva accusato di eccessivo americanismo). Si tratta di uno di quei duelli en plein air in cui senso panico della natura e forza fisica dei corpi avvinghiati collaborano a creare un quadro in movimento in cui gestualità teatrale e forza espressiva dei primi piani si fondono.

I corpi rotolano nella neve dell’altipiano, il ricordo del duello nell’erba alta spazzata dal vento del primo Sugata e il presagio di quello nel mezzo della vegetazione palustre in Cane randagio è molto presente.

Ad ogni modo Kurosawa non ha amato questo film, forzato rispetto al precedente, che meritò tutte le lodi che raccolse per aver trattato una storia convenzionale con tecniche innovative di indubbia efficacia. Sembra che neppure l’intera sceneggiatura del fim sia stata realizzata, forse per ristrettezze di budget nel clima postbellico. Una volta uscito, il film subì un lungo periodo di sequestro voluto dalla censura americana, il “sovversivo” Kurosawa dovrà aspettare il ’48, anno de L’angelo ubriaco, per poter finalmente muoversi in libertà.

Ricordare infine Susumu Fujita, lo judoka, per il freddo patito nello stagno prima e nella neve poi dei due Sanshiro (cosa che rinfacciò sempre a Kurosawa, e non simpaticamente) appartiene all’ aneddotica di cui ogni opera si circonda, e ce ne parla il regista stesso con un sorriso divertito, come conviene.

Sugata Sanshiro II

titolo originale: Zoku Sugata Sanshiro

Giappone 1945 durata 83’ b/n

regia di Kurosawa Akira

con Denjirô Ôkôchi, Susumu Fujita, Ryunosuke Tsukigata, Akitake Kôno

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